Praticamente sempre ritornano
Dal dibattito ricorsivo sul diritto di cittadinanza, al problema mai affrontato dei migranti, e poi alcune classiche polemiche stagionali che non passano mai di moda.
Questa è la seconda puntata di Fixing News, un progetto di Blogo in collaborazione con Slow News. Esce una volta a settimana e se vuoi saperne di più puoi cliccare qui per leggere il “manifesto”. Se hai suggerimenti, idee, richieste per le prossime puntate, scrivici a fixingnews@blogo.it.
Ci sono due modi di pensare a quella prima settimana di ottobre del 2019, due modi di vederla iniziare.
Se vogliamo vedere le cose positive e concentrarci sul celeberrimo bicchiere mezzo pieno, possiamo ricordarci che proprio il 1 ottobre venne posato il primo mattoncino del nuovo ponte sul Polcevera, a Genova, progettato da Renzo Piano per rimpiazzare il Morandi, crollato ad agosto del 2018. Nel frattempo — caso strano in Italia, bisogna ammetterlo — il ponte è stato addirittura finito nei tempi ed è stato inaugurato il 2 agosto del 2020. Si chiama Viadotto Genova San Giorgio e qui puoi vedere la pianta 1:1000 del progetto, ordinata e pulita.
Se invece la parte del bicchiere che vogliamo vedere è quella mezza vuota, allora purtroppo c’è l’imbarazzo della scelta. La prima settimana di ottobre del 2019, difatti, ci regalò le solite evitabili bagarre, i soliti annunci lanciati come salvagenti senza cime, immediatamente persi tra i flutti delle “news”, e contemporaneamente alcuni grandissimi classici della polemica che, visti alla distanza, fanno sia ridere che piangere, come in ogni finale dei due meravigliosi Amici miei di Monicelli.
Ius che?
Il primo ottobre si cominciò con la polemica mai sopita su una riforma del diritto di cittadinanza che superi il cosiddetto “ius sanguinis” (qui trovi il testo originale della legge). In quel frangente, la battaglia si ravvivò sul contenzioso tra due proposte di rinnovamento, lo Ius Soli contro lo Ius Culturae. È passato un anno, ancora non è stato approvato nulla e quella in vigore è ancora la legge del sangue del 1992 e sul tema, giusto pochi giorni fa, Conte ha risposto così a una domanda di Fanpage: »Se il governo inserirà lo Ius Soli e lo Ius Culturae nell’agenda di governo? Ci rifletteremo. Non possiamo rincorrere la reazione emotiva suggerita dal singolo caso».
A testimoniare che il dibattito è di quelli che non portano a nulla da decenni, noi di Slow News il 20 luglio del 2017 scovammo questo articolo di Repubblica, datato 28 ottobre… ehm… 1998. Sì, veramente.
E sempre a un ottobre, ma del 2017, risale anche una modesta proposta che spariglia tutto. L’ha fatta Giorgio Agamben dalla sua rubrica polemica ospitata da Quodlibet e supera strombazzando il problema, ma in fondo è interessante anche portare i problemi al loro eccesso per capire da che parte andare per risolverli. Il tema che pone Agamben è semplice: gli stati-nazione sono da superare. Sembra un’eresia? Sembra impossibile? Eppure è un concetto che esiste da poco più di 200 anni. Un’inezia su scala temporale evolutiva umana, il cosiddetto antropocene, figuriamoci se provassimo a considerarli su scala geologica.
E per chi pensa che non sia una priorità e che ci sia ben altro a cui pensare, c’è questo post su Facebook di Roberta Covelli. È del 2013 e ci ricorda che i governi son lì per quello: perché ci sono tante cose a cui pensare.
Benedetto crocifisso
Mentre il clima collassa, le diseguaglianze aumentano, i conflitti si moltiplicano e milioni di persone si spostano per scappare da tutte e tre le cose, di tanto in tanto riappare una delle più incredibili polemiche italiane: la rimozione del crocifisso dalle aule scolastiche (che poi, voi ce l’avete mai avuto in classe il crocifisso? Chi scrive mai nella vita). È un sempreverde: quella prima settimana di ottobre il fuoco di fila venne fatto ripartire per il consueto circo da una frase pronunciata dal ministro dell’istruzione Fioramonti su RadioRai, durante la trasmissione Un giorno da pecora. A risentirla ora non si capisce bene perché sia stata presa di mira: Fioramonti dice in buona sostanza che non vorrebbe una scuola con simboli religiosi ma laica, aperta a tutte le culture. Incalzato dal conduttore dice che non metterebbe nemmeno una foto di Mattarella. Ma magari una cartina del mondo, i richiami alla Costituzione Italiana e agli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030. Però, in un attimo, i titoli diventarono tipo questo: Fioramonti: “Crocifisso in classe? Meglio una mappa del mondo”.
Il flusso dichiarazione-comunicato-notizia-polemica
Quel titolo non va più bene, nell’era dell’informazione. Se tante persone – come accade, per forza di cose – si fermano lì, è una semplificazione utile soltanto a far scatenare il solito bestiario.
Ma come ci si arriva?
Funziona così.
Un giorno da pecora, la trasmissione radio, ha un ottimo ufficio stampa che ti confeziona una o più mail con le dichiarazioni più ‘calde’. La crasi nasce lì.
Attenzione: l’obiettivo dell’ufficio stampa è di far parlare del programma. Quindi l’ufficio stampa ti confeziona il titolo per far aprire quella mail lì.
La mail arriva a giornaliste e giornalisti, spesso pagati troppo poco, con poco tempo per lavorare, a volte anche con poca voglia.
Oppure con malafede. Aggiungiamoci che far polemica è la diretta conseguenza del modello di business, cioè: ti faccio far clic sul sito così guadagno coi banner.
Ed ecco che da una dichiarazione articolata e complessa (come accade nella vita normale) si arriva alla polemica
Potremmo commentare il tutto con l’acronimo inglese WTF.
Nelle stesse ore, un altro fuoco di paglia polemico si generò intorno a una “dichiarazione” del vescovo di Bologna Monsignor Maria Matteo Zuppi, che riguardava il tipo di carne da mettere nei tortellini (se maiale o pollo, per venire incontro a chi non mangia maiale).
Uniamo i puntini e abbiamo l’immagine del Titanic che affonda mentre noi litighiamo su che canzone far suonare all’orchestra.
C’era una volta il Trump
In questa settimana vissuta pericolosamente, il presidente degli Stati Uniti d’America si è preso il COVID-19, è stato ricoverato, ossigenato, anticorpizzato e poi è uscito, ancora positivo (al momento non si capisce nemmeno bene come stia veramente), usando frasi alla nordcoreana per evidenziare il suo incredibile coraggio ed eroismo nello sconfiggere la malattia e dicendo a tutti di non avere paura perché non è il caso di farsi soggiogare dal virus (altro WTF).
Rewind: guardiamo alla prima settimana di ottobre dell’anno scorso.
All’epoca Trump stava benone e spadroneggiava sulla geopolitica internazionale.
In quei giorni di inizio ottobre i giornali italiani titolavano a proposito dei dazi contro l’Europa, parlavano del ritiro americano dal nord della Siria che avrebbe lasciato il campo libero alle truppe di Erdogan per far strage di curdi e preannunciavano un incontro tra Trump e il buon nordcoreano Kim Yong-Un per parlare di nucleare. Tutti temi che il coronavirus ormai ha spazzato via.
Eppure in Siria la situazione oggi è questa. Con almeno 40mila bambini nel campo di Al Hol con accesso limitato alle risorse base: educazione, sanità, cibo. Anche a causa della pandemia.
La guerra dei dazi continua.
Kim Yong-Un, che nel frattempo hanno dato per morto tre o quattro volte a caso, riprova a fare il simpatico.
E noi, della Nord Corea, sappiamo sempre le stesse cose da decenni: quasi nulla.
Del migrare si muore sempre
Malgrado se ne parli quasi sempre soltanto quando capita una strage, o bene che vada quando accade un cosiddetto fattoide (tipo questo che sembra uscito da un film Checco Zalone), in questi giorni di inizio ottobre 2020 pare che si siano sbloccati i lavori per andare oltre ai cosiddetti decreti Salvini.
A guardarci indietro di un anno sbattiamo sui soliti tragici promemoria che purtroppo paiono poco utili, visto che continuano ad accadere.
Quella settimana accadde la notte del 7 ottobre. Morirono 13 donne e tra i numerosi dispersi ci furono 8 bambini.
Questa settimana di stragi non ce ne sono state, almeno fino al momento in cui scriviamo, ma il conto dei morti degli ultimi 7 anni è arrivato a 16.735 e anche se quest’anno è l’anno la curva è in flessione, il computo continua a salire.
Però, giusto per non farci trovare impreparati fra un anno, è bene ricordare una cosa: i decreti sicurezza non sono stati abrogati. Sono stati modificati. Ma l’impianto normativo resta.