COVID-19, il tracciamento dei contatti sta fallendo in tutta Italia
Il tracciamento dei contatti in Italia sta fallendo da una parte all’altra del Paese (e ora è tardi per rimediare), ma il caso del Regno Unito fa scuola.
Quello che era chiaro da giorni, denunciato a più riprese anche in molte altre Regioni d’Italia, è stato ufficializzato oggi dall’Agenzia di Tutela della Salute (ATS) di Milano: il sistema di tracciamento dei contatti è ormai al collasso ed ora più che mai chi sospetta di esser stato in contatto con una persona positiva deve rimanere chiuso in casa.
La procedura vuole, di fronte alla scoperta di una persona positiva al COVID-19, che le autorità sanitarie ricostruiscano gli spostamenti e i contatti più stretti di quest’ultima così da identificare altri possibili positivi e, cosa più importante, bloccare i focolai sul nascere. Ora che la curva dell’epidemia è in netta crescita e il sistema di test tutt’altro che adeguato, quello che fino a pochi mesi fa veniva fatto con una certa precisione è diventato impossibile.
L’allarme a Milano (ma la situazione è simile anche altrove)
A certificare l’allarme, almeno per la città di Milano, ma la situazione è purtroppo la stessa anche in altre città e Regioni d’Italia, è stato il direttore sanitario dell’ATS Milano, Vittorio Demicheli, intervenuto oggi a SkyTg24:
Non riusciamo a tracciare tutti i contagi, a mettere noi attivamente in isolamento le persone. Chi sospetta di aver avuto un contatto a rischio o sintomi stia a casa.
I problemi sono molteplici, a cominciare dalla mancanza di personale dedicato proprio al lavoro certosino che è la verifica dei contatti. In altri Paesi sono state assunte figure ad hoc per sollevare gli operatori sanitari da questo incarico, ma l’Italia non sembra aver ritenuto prioritario procedere in questo senso e ora che la situazione su questo fronte è disperata è troppo tardi per correre ai ripari.
Demicheli, infatti, non suggerisce l’assunzione di personale o il potenziamento delle strutture, aspetti che richiederebbero diverse settimane, ma invoca misure più restrittive per frenare la diffusione del contagio:
Quello a cui lavoriamo in questo momento è invitare le autorità a prendere delle decisioni un po’ più incisive, quando abbiamo chiuso le attività alle 18 nella curva epidemiologica c’è stata una frenata brusca.
L’invito non è rivolto soltanto alle autorità, ma anche agli stessi cittadini: “ciascuno deve fare la propria parte. Ciascuno dovrà rinunciare a qualcosa, perché in questo momento la fase del contenimento purtroppo è inefficace“.
L’allarme dell’ARS Toscana
Nei giorni scorsi un allarme simile era stato lanciato dall’Agenzia regionale di sanità (ARS) della Toscana, secondo la quale il tracciamento dei contatti nella Regione non è più sufficiente a fronte di un andamento esponenziale nella progressione dei casi:
Quando si osserva una percentuale di positività tra il 5% e il 10% è ipotizzabile che non si stia più riuscendo a tracciare in modo efficace i contatti dei casi positivi e ci si stia concentrando maggiormente su chi ha sintomi, senza raggiungere le persone asintomatiche, che potenzialmente possono alimentare il contagio. Questo rapporto è arrivato oramai oltre l’8% per la Toscana ed oltre il 10% per l’Italia ieri.
La Puglia non fa eccezione
Il sistema di tracciamento dei contatti è fallito anche in Puglia, come denunciato nei giorni scorsi dal governatore della Regione Michele Emiliano:
Non siamo più in grado di tracciare i nuovi positivi con il contact tracing. Non sono un epidemiologo, ma ho un buon maestro che è il professore Pierluigi Lopalco e mi sembra di capire che in scienza, superato un certo numero di contagi, il tracciamento non sia più possibile e si passa ai singoli lockdown, parziali o totali.
Alla certificazione del Presidente della Regione si è aggiunta quella del Presidente della Federazione Nazionale Ordini dei Medici, Filippo Agnelli, che ha di fatto confermato come sia necessaria una nuova chiusura radicale, almeno per quanto riguarda la Puglia:
I dipartimenti e le Usca hanno migliaia di segnalazioni non processate di casi a rischio Covid, perché non riescono a far fronte all’onda montante dell’epidemia. Quando non si riescono più a tracciare i contatti e a isolare i cluster di epidemia, l’unica soluzione che rimane per evitare che il sistema sanitario vada in tilt e che succeda da noi ciò che è accaduto a Bergamo, è adottare misure drastiche come una nuova chiusura.
Il caso fallimentare del Regno Unito
Se è vero che l’Italia non si è mossa tempestivamente per aumentare il personale sanitario da dedicare all’attività di tracciamento dei contatti, è altrettanto vero che chi ha speso importanti risorse per questo aspetto non è sempre riuscito nell’obiettivo che si era prefissato. È il caso del Regno Unito, che ha basato l’intera strategia di contenimento dei contagi sul “Test And Trace“, testa i positivi e rintraccia i loro contatti.
Superata la fase più critica dell’epidemia, il sistema sanitario nazionale inglese si è dotato di ben 18mila “tracciatori di contatti“: 18mila persone chiamate non legate direttamente al sistema sanitario nazionale che sono state chiamate a raccolta e velocemente istruite con un unico obiettivo, quello di tracciare i contatti delle persone positive al COVID-19 e circoscrivere rapidamente i nuovi focolai con interventi mirati.
Alla fine di agosto, mentre la curva dell’epidemia nel Regno Unito aveva già ripreso a salire, 6mila tracciatori di contatti erano già stati mandati a casa e i 12mila rimasti in servizio non sono comunque riusciti a contenere la diffusione del virus e il sistema di tracciamento dei contatti, pur con un importante investimento e l’assunzione di personale dedicato, è fallito e ulteriori misure restrittive, ben più limitanti di quelle in vigore oggi in Italia, sono arrivate per più della metà dei cittadini inglesi.