Perché Matteo Renzi è indagato (con Lotti e Boschi) nell’inchiesta Open
Matteo Renzi indagato con Boschi e Lotti nell’inchiesta sulla Fondazione Open: nel mirino dei magistrati 7,2 milioni di euro di donazioni
Da qualche ora c’è anche Matteo Renzi tra gli indagati nell’ambito dell’inchiesta sulla Fondazione Open. Il senatore e leader di Italia Viva, uno dei partiti che sostengono l’attuale governo, è stato raggiunto da un invito a comparire. Il nome dell’ex presidente del Consiglio si affianca a quelli dei sostituti procuratori Luca Turco e Antonino Nastasi e degli ex ministri Maria Elena Boschi (capogruppo di Italia Viva alla Camera) e Luca Lotti (deputato del PD). Perché è indagato Renzi? Secondo gli inquirenti, la Fondazione Open sarebbe proprio una articolazione della corrente renziana ai tempi del PD (il periodo finito sotto la lente dei magistrati è 2012-2018). L’accusa nei confronti di Renzi sarebbe di finanziamento illecito ai partiti in relazione ai fondi gestiti dalla stessa Open, che nello specifico si occupava anche di organizzare la Leopolda.
Nell’inchiesta erano già finiti l’imprenditore Marco Carrai e l’avvocato Alberto Bianchi: secondo l’anticipazione del quotidiano La Verità, Renzi, Boschi e Lotti hanno ricevuto un invito a comparire per il prossimo 24 novembre per “rispondere ad interrogatorio con l’assistenza del difensore di fiducia già nominato”.
Open e i 7,2 milioni di donazioni
La prima parte dell’inchiesta della Procura di Firenze era incentrata sull’“intreccio tra prestazioni professionali rese da Bianchi e i finanziamenti alla Fondazione”, sul ruolo di presunto procacciatore di finanziatori da parte del Carrai. In questa seconda fase, invece, sono state messi sotto la lente d’ingrandimento delle somme di denaro che la Fondazione avrebbe messo a disposizione di Renzi, Lotti e Boschi. Si parla di circa 7,2 milioni di euro ottenuti tra il 2012 e il 2018, che sarebbero stati destinati “a sostenere l’attività politica di Renzi, Lotti e Boschi e della corrente renziana”.
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Renzi: “Italia Viva danneggiata, puntavamo al 10%”
Ovviamente, il leader di Italia Viva non ha preso benissimo l’iscrizione nel registro degli indagati e tramite è partito al contrattacco. “L’inchiesta su Open è stata un danno di immagine pazzesco per noi di Italia Viva – accusa – chi avrebbe voluto finanziarci non ha avuto coraggio di farlo, molti non sono venuti nel nostro partito, comprensibile del resto”, dice aprendo l’assemblea nazionale su una terrazza romana. Secondo gli ultimi sondaggi, il partito fondato da Renzi sarebbe accreditato oggi del 3,4% dei consensi, ben lontano da quel 10% cui puntava l’ex rottamatore. “Un anno fa dopo la Leopolda eravamo partiti alla grande – insiste – stavamo puntando al 10% nei sondaggi e avevamo centinaia di migliaia di euro di finanziamento, poi cosa è successo? Uno scandalo, o meglio un presunto scandalo. Un pm di Firenze manda 300 finanzieri a casa di 50 persone per bene per chiedere se hanno contribuito alla Leopolda o alla fondazione Open: e certo che hanno contribuito, tutto alla luce del sole. Quella vicenda ci ha causato un danno pazzesco: i sondaggi hanno cessato di crescere, i finanziamenti di arrivare, un danno enorme anche alla nostra capacità attrattiva: molte persone non sono passate da noi perché avevano paura, ed è legittimo”.
Continuando il suo discorso durante l’assemblea nazionale di Italia Viva, Renzi conferma di aver ricevuto l’invito a comparire da parte della Procura di Firenze. “Da quei pm di Firenze che hanno svegliato con 300 finanzieri i nostri finanziatori di prima mattina mi sarei aspettato una lettera di scuse – insiste il senatore – e invece stamani arriva una convocazione in procura a tutto il cda di Open. Tra l’altro con un assurdo giuridico, visto e considerato che la sentenza della Cassazione di pochi giorni fa andava in tutt’altra direzione. Se ne occuperanno i nostri legali, la dottoressa Severino per Boschi, il dottor Coppo per Lotti, il dottor Caiazza per il sottoscritto. Credo che ci siano vari modi per replicare a quello che sembra un assurdo giuridico. A chi cerca la battaglia e la visibilità mediatica, bisogna rispondere con il diritto e pensiamo che la verità sia nella sentenza della Cassazione”.
Renzi, poi non lesina un’altra stoccata alla Procura, dalla quale è partita una velina verso il quotidiano La Verità. “Loro passano le informazioni alla Verità mentre noi pensiamo che la verità l’abbia detta la Cassazione. Nel caso il pm di Firenze non abbia capito, sarà compito degli avvocati dare le spiegazioni di diritto. Purtroppo l’ansia di visibilità di qualcuno rischia di nuocere anche agli altri magistrati e sono in tanti a fare il loro lavoro onestamente. Noi le sentenze della Cassazione le leggiamo e crediamo anche di capirle”, conclude.