Vaccinazioni a rischio senza lockdown? Il monito di Crisanti
Di fronte al nuovo aumento dei contagi in Italia, il microbiologo Crisanti torna a ribadire la necessità di un lockdown duro.
Lo sappiamo benissimo tutti, anche se non tutti siamo disposti ad ammetterlo: la curva dell’epidemia in Italia, lo certificano i dati che vengono diffusi di giorno in giorno, è in risalita e l’unico modo per mettere un freno all’aumento dei contagi è chiudere tutto. Più duro è il lockdown, più veloce sarà l’inversione di rotta.
Il problema, mentre Paesi come Francia o Germania hanno già esteso le misure restrittive fino alla fine del mese, è che in Italia, per citare Conte, “non ce lo possiamo permettere“. Alla chiusure, infatti, non corrispondono i dovuti ristori per le categorie chiamate a fare un sacrificio senza precedenti.
Il rapido aumento dei contagi, però, non mette a rischio soltanto la tenuta del sistema sanitario nazionale ma rischia di rallentare anche la campagna di vaccinazione contro il COVID-19. Ne è convinto il microbiologo Andrea Crisanti, tra i più autorevoli sostenitori, fin dall’inizio, delle chiusure più ferrate come unico modo per interrompere il contagio.
Crisanti ribadisce la necessità di un lockdown in Italia
Intervistato oggi da La Stampa, l’esperto ribadisce il proprio punto di vista per affrontare la situazione attuale in Italia: “La mia strategia è sempre la stessa. Farei un lockdown duro per abbassare i contagi e poi una vaccinazione di massa“.
Una soluzione drastica, certo, ma forse anche la più efficace in un periodo più ristretto:
Portare la pandemia ad un livello tracciabile con un lockdown vero e potenziare i test come non si è mai fatto. È anche la via più veloce per una vera ripresa economica. Altrimenti si proseguirà nella situazione attuale, in cui nessuno capisce cosa succede, in attesa della vaccinazione che se va tutto bene finirà tra un anno.
Se gli italiani devono essere chiamati a nuovi e difficili sacrifici, dal governo servono altrettanti sforzi per potenziare il sistema territoriale. Possibile che, a quasi un anno dall’inizio della pandemia, non si è ancora riusciti a potenziare in modo sostanziale il sistema di test? Il record dei 200mila test giornalieri, raggiunto lo scorso novembre, non è più stato eguagliato, figuriamoci superato. Alle Regioni più virtuose si affiancano Regioni che, invece, sembrano aver quasi abbandonato le procedure di test anti-COVID.
Crisanti è critico:
È una strage inutile che poteva essere evitata. Invece di spendere in banchi a rotelle e bonus vacanze bisognava potenziare il sistema territoriale.
I nuovi criteri per la zona rossa: bisogna abbassare la soglia
E il microbiologo ha mostrato le proprie reticenze anche di fronte al possibile nuovo criterio con cui potrebbero essere decretate le zone rosse a partire dal 16 gennaio prossimo: le Regioni che supereranno un’incidenza settimanale di 250 casi ogni 100mila abitanti entreranno automaticamente in zona rossa.
Quella soglia, secondo Crisanti, dovrebbe essere drasticamente abbassata. Almeno 50-80 casi ogni 100mila abitanti. Se secondo la proposta dell’ISS dei 250 casi ogni 100mila abitanti a finire in zona rossa sarebbe soltanto il Veneto, almeno sulla base dell’ultimo monitoraggio della cabina di regia, con la proposta di Crisanti ci troveremo un’Italia interamente in zona rossa:
- Abruzzo: 115.95 casi per 100.000 abitanti (RT: 0.89)
- Basilicata: 111.86 per 100.000 (RT: 0.9)
- Calabria: 82.3 per 100.000 (RT: 1.15)
- Campania: 96.72 per 100.000 (RT: 0.79)
- Emilia-Romagna: 242.44 per 100.000 (RT: 1.07)
- Friuli Venezia Giulia: 205.39 per 100.000 (RT: 1)
- Lazio: 160.63 per 100.000 (RT: 0.99)
- Liguria: 131.03 per 100.000 (RT: 1.06)
- Lombardia: 133.69 per 100.000 (RT: 1.22)
- Marche: 201 per 100.000 (RT: 0.98)
- Molise: 119.76 per 100.000 (RT: 1.03)
- PA Bolzano: 231.36 per 100.000 (RT: 0.91)
- PA Trento: 128.42 per 100.000 (RT: 0.87)
- Piemonte: 124.27 per 100.000 (RT: 0.93)
- Puglia: 178.65 per 100.000 (RT: 1.03)
- Sardegna: 78.01 per 100.000 (RT: 0.95)
- Sicilia: 133.52 per 100.000 (RT: 1.03)
- Toscana: 78.95 per 100.000 (RT: 0.91)
- Umbria: 141.66 per 100.000 (RT: 1)
- Valle D’Aosta: 117.93 per 100.000 (RT: 1.09)
- Veneto: 454.31 per 100.000 (RT: 1)