In caso di accordo, Novavax sarebbe la settima casa farmaceutica a fornire l’Unione Europea i vaccini contro il Covid-19 dopo AstraZeneca, Johnson & Johnson, Pfizer-BioNTech, CureVac, Moderna e Sanofi-Gsk. In totale, si parla di circa 2,3 miliardi di dosi.
I test di Novavax
Il vaccino Novavax è stato testato, nella fase 3, da 15mila volontari nel Regno Unito: i risultati hanno dato un’efficacia del 95,6% per chi ha sviluppato il virus nella forma iniziale, dell’85,6% nei confronti della variante inglese. Il test è stato condotto così: a un gruppo di partecipanti è stato somministrato il vaccino, a un altro il placebo: dei 62 casi di infezione registrati, 56 si sono verificati nel secondo gruppo, e chi invece è rimasto contagiato dal virus pur vaccinato non ha sviluppato una forma grave di Covid-19.
Ben diversi, invece, i risultati dei test fatti in Sudafrica: su 4400 partecipanti, in 44 hanno contratto il Covid-19. Sono 29 tra i non vaccinati, ben 15 tra chi aveva ricevuto la dose corretta. L’efficacia in questo caso è solo del 49%, il che ha reso il siero di Novavax meno “forte” rispetto alla variante sudafricana del virus. L’azienda ha comunque fatto sapere di essere a lavoro per trovare un vaccino efficace contro le diverse mutazioni. A fine gennaio, Londra aveva già dichiarato di voler ordinare 60 milioni di dosi una volta ottenuto il via libera delle autorità sanitarie. Il 4 febbraio, invece, l’azienda aveva annunciato un accordo con la Svizzera per la vendita di 6 milioni di dosi nel Paese.
Come funziona
Come si legge sul sito dell’Aifa, quello di Novavax è “un vaccino a base proteica contenente minuscole particelle ottenute da una versione prodotta in laboratorio della proteina spike (S) presente sulla superficie del coronavirus SARS-CoV-2“. Presente anche un adiuvante – Matrix-M1 – che contribuisce a rafforzare le risposte immunitarie e stimolare la produzione di anticorpi.
Iniettato il vaccino, il sistema immunitario della persona vaccinata riconoscerà le particelle proteiche come estranee, e risponderà producendo le proprie difese naturali, in modo da proteggere l’organismo in caso di contatto con il coronavirus. Anche questo vaccino va conservato congelato, ma può rimanere stabile fino a tre mesi in frigo. Necessarie due dosi, la seconda da inoculare a distanza di 21 giorni dalla prima.
Sputnik V
Intanto, cresce l’interesse per il vaccino russo Sputnik V, tra i primi ad essere prodotti. Da qualche giorno sappiamo che la rivista scientifica The Lancet ne ha attestato un’efficacia pari al 91%, un risultato atteso e incoraggiante. Lombardia e Piemonte hanno già fatto richiesta delle dosi russe, ma prima sarà necessario l’ok dell’Ema. Che non ha ancora esaminato la documentazione relativa, ma non è detto che non possa farlo in futuro. Qui tutto quello che sappiamo sul vaccino russo.