Certificato di vaccinazione. Il governo tarda, le Regioni fanno da sole. Sarà il Lazio a dettare lo standard?
15.099.777 dosi di vaccino anti-COVID somministrate in Italia e non c’è ancora uno standard per il certificato di vaccinazione. E ogni Regione fa da sé.
La campagna di vaccinazione contro il COVID-19 in Italia sta per decollare – per due giorni consecutivi è stato superato il record di inoculazione rispetto al giorno precedente – e nel caos che in molte Regioni ha accompagnato le prenotazioni del vaccino da parte dei cittadini è passato in secondo piano un aspetto meno importante al momento, ma destinato ad acquisire rilievo nel corso delle prossime settimane: il certificato di vaccinazione, quel documento che viene rilasciato a chi, dopo aver ricevuto entrambe le dosi di vaccino, può dirsi immunizzato.
L’Europa sta lavorando ormai da settimane ad un documento standard che attesi non soltanto la vaccinazione dei cittadini, ma anche l’immunità ottenuta dopo aver contratto l’infezione da COVID-19 o il semplice esito negativo di un tampone, e che sia riconosciuto a livello europeo e, si spera, anche nel resto del Mondo. Lo stesso, lo abbiamo scoperto pochi giorni fa durante la conferenza stampa di Mario Draghi, sta facendo l’Italia con un ritardo simile a quello europeo.
Parliamo di vero e proprio ritardo perchè oggi, con 15.099.777 dosi di vaccino somministrate e 4.443.309 di cittadini che hanno già ricevuto la prima e la seconda dose del vaccino anti-COVID, non è ancora stato fissato uno standard a livello nazionale. Ogni Regione si è organizzata a modo proprio, rilasciando chi una tessera plastificata con le informazioni dell’avvenuta vaccinazione (è il caso della Regione Campania), chi un semplice pezzo di carta con un codice QR (come la Regione Marche) e chi è andato oltre e ha messo a punto un documento scaricabile via web o tramite app per smartphone come la Regione Lazio.
Sarà la Regione Lazio a dettare lo standard del certificato di vaccinazione?
La Regione Lazio guidata da Nicola Zingaretti è tra quelle che meglio ha gestito non soltanto la pandemia, ma anche la campagna di vaccinazione fin dall’inizio, sfruttando un sistema proprietario per le prenotazioni testato in un primo momento per i tamponi ed esteso in seguito anche alle vaccinazioni.
Proseguendo quel percorso da apripista, nelle ultime ore la Regione Lazio ha aggiornato il certificato vaccinale che viene rilasciato ai cittadini dopo l’inoculazione dotandolo di un sigillo digitale di garanzia, rendendolo disponibile anche in lingua inglese e includendo, tra le informazioni disponibili, i dati anagrafici dei cittadini, la data della prima e della seconda somministrazione, il tipo di vaccino ricevuto e il numero del lotto di quel vaccino.
Un vero e proprio certificato vaccinale che i cittadini vaccinati possono recuperare dal proprio fascicolo sanitario elettronico e che può essere scaricato in pochi secondi dall’app Salute Lazio, pronto per essere mostrato se e quando ce ne sarà bisogno.
L’esempio del Lazio e i problemi che emergeranno sul certificato di vaccinazione
La Regione Lazio può essere presa da esempio dal resto del Paese sul fronte del certificato di vaccinazione, nel bene e nel male. Nel bene perchè ha fissato uno standard pratico e veloce, nel male perchè la novità è stata introdotta soltanto dal marzo scorso e questo ha creato un problema che l’Italia si troverà ad affrontare non appena verrà fissato ed introdotto uno standard nazionale per questo tipo di documento. E un problema che, più in grande, si verificherà quando verrà lanciato lo standard europeo.
L’introduzione di questo certificato smart nel Lazio ha fatto sì che a trovarsi pronto per il download o la visualizzazione il documento corredato di tutte le informazioni siano stati tutti i cittadini che sono stati vaccinati dalla metà di marzo in poi. Chi, invece, ha ricevuto almeno una dose del periodo precedente, ad oggi non riesce ancora a scaricare la nuova versione del certificato vaccinale. E il motivo è presto detto: ci vuole del tempo per aggiornare i dati inseriti in precedenza nel sistema alla versione attuale del certificato.
Lo stesso problema, quindi, è destinato a presentarsi a livello nazionale. Non appena il governo fisserà lo standard del certificato di vaccinazione, tutte le Regioni che fino a quel momento si sono organizzate in modo autonomo dovranno adattare il proprio sistema di rilascio del certificato, e la configurazione stessa del certificato, al nuovo standard. Questo richiederà tempo, denaro e competenze che, lo abbiamo visto con le prenotazioni per il vaccino, molte Regioni non hanno e non avranno.
E lo stesso, in scala maggiore, accadrà quando sarà l’Unione Europea ad annunciare lo standard del passaporto vaccinale. Ci auguriamo, ma ad oggi non possiamo saperlo, che chi al governo sta lavorando su questo fronte stia tenendo in considerazione quello che è facilmente immaginabile, così da evitare un vero e proprio caos tra una manciata di settimane, quando il certificato vaccinale potrebbe essere necessario anche soltanto per spostarsi tra le Regioni.