No, l’India non sta sconfiggendo il COVID senza il lockdown
Come sta svolendo la pandemia da COVID-19 in India? Il virus ha travolto le aree rurali, mancano i vaccini, i tamponi e le terapie.
Il lockdown come lo abbiamo conosciuto all’inizio della pandemia da COVID-19 nel nostro Paese, ma anche le sue varianti meno rigorose, resta ad oggi lo strumento più efficace per contrastare la circolazione del virus e interrompere i contagi nel minor tempo possibile. Lo abbiamo visto in Italia e nel resto del Mondo. Nonostante le evidenze, però, c’è ancora chi si dice convinto che si può combattere la pandemia senza costringere i cittadini in casa o senza limitare i loro spostamenti tramite lockdown e chi lo sostiene sta provando ad usare la situazione in India come esempio.
La fake news che i negazionisti italiani stanno spingendo per sostenere la tesi che le chiusure decise dal governo italiano non fossero necessarie nasce da un dato di fatto: la curva del contagio in India è in calo. Dopo i record di contagi superati di giorno in giorno nelle ultime settimane, i dati ufficiali diffusi dalle autorità indiane mostrano una curva in calo, ma questo non significa necessariamente che il Paese sia riuscito a riprendere il controllo della situazione. Anzi, purtroppo la cronaca che arriva dall’India ci dice l’esatto contrario, ma questo non può essere rappresentato in un semplice grafico.
È vero, i casi ufficiali di COVID-19 in India sono in calo e il merito non può essere attribuito alle misure restrittive in vigore ormai da giorni in quasi tutto il Paese dall’inizio di maggio. Lockdown totali o parziali a seconda dell’incidenza del virus nei vari stati indiani.
Se il calo dei casi accertati dalle autorità sanitarie sono in calo e il lockdown parziale o totale è stato imposto proprio in concomitanza col calo dei casi, cosa sta succedendo davvero in India?
Cosa sta succedendo in India tra lockdown e mancanza di test?
A fotografare quello che sta davvero succedendo in India, e che i negazionisti si guardano bene dal verificare, ci stanno pensando i quotidiani locali e le migliaia di testimonianze dei cittadini indiani che stanno travolgendo i social network, così come i racconti dei medici e dei sanitari che stanno lottando in prima linea contro il virus.
Gli ospedali e le cliniche in tutta l’India sono ormai saturi da giorni, il personale medico in servizio non è neanche lontanamente sufficiente a gestire questa fase acuta dell’emergenza – da giorni si rinnovano gli appelli di migliaia di medici indiani che hanno conseguiti le lauree fuori dal Paese e che chiedono al governo di mettere in pausa la lunga procedura per il riconoscimento di quei titoli di studio anche nel Paese così da poter entrare subito in servizio – e tra le conseguenze di questa saturazione c’è anche l’impossibilità di verificare tramite tampone tutti i casi sospetti di COVID-19.
Non solo. Se in un primo momento la pandemia si è diffusa nelle aree più densamente popolate del Paese, nel corso delle ultime settimane il virus ha raggiunto anche le aree rurali del Paese, abitate da due terzi dell’intera popolazione indiana. Lì, lontano dalle grandi città, i mezzi a disposizione per contrastare il contagio e prestare le dovute cure ai pazienti che aumentano esponenzialmente sono ridotti all’osso, se non addirittura assenti.
Il COVID-19 ha travolto le rurali dell’India. E sì, è scattato anche il lockdown
La stampa indiana parla di una vera e propria ondata di COVID-19 che ha travolto l’India rurale. Nel nord del Paese le persone che manifestano i sintomi dell’infezione non provano neanche a recarsi nell’ospedale più vicino, dove trovare un posto letto è impossibile, così come ricevere l’ossigeno o altro tipo di terapie. Ajay Sehgal, residente in un villaggio della provincia dell’Uttar Pradesh, descrive l’arrivo del COVID-19 come un incendio che si sta diffondendo tra i giovani e gli anziani:
La situazione è moto brutta. Trovare un posto letto in ospedale è difficile e le persone stanno acquistando le bombole di ossigeno al mercato nero.
Stessa situazione nella provincia dell’Haryana:
Non ci sono specialisti nel nostro villaggio, se un paziente arriva con la febbre gli viene detto di stare a casa e di curarsi con la medicina ayurvedica.
L’esperto di sanità indiana Chandrakant Lahariya ha ben riassunto quello che sta succedendo nel Paese e perchè, secondo i dati ufficiali, la curva del contagio è in calo: “Una delle differenze principali tra le aree urbane e quelle rurali è che nei villaggi la sanità ha puntato tutto sulla prevenzione senza concentrarsi sui trattamenti“. Nei villaggi più remoti non sono disponibili neanche i test per il COVID-19, figurarsi tutto il resto. E anche nel caso in cui in qualche remoto villaggio arrivasse qualche strumento in più per combattere la pandemia, servirebbe del personale qualificato che ad oggi non c’è.
Gli esperti parlano chiaro: i dati ufficiali diffusi dalle autorità indiane sul contagio nel Paese non possono ritenersi affidabili proprio a causa della mancanza di test nelle aree che ad oggi risultano più colpite dal virus. Soumya Swaminathan dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha precisato in queste ore che ci sono molte parti dell’India che non hanno ancora raggiunto il picco del contagio.
Gli ha fatto eco il professor Vincent Rajkumar:
Il calo dei casi di COVID-19 confermati in India è un’illusione. Primo, a causa dei test limitati, il totale dei casi è ampiamente sottostimato. Secondo, i casi confermati possono esistere solo dove si è in grado di confermarli: nelle aree urbane. Le aree rurali non vengono conteggiate.
L’India uscirà dall’incubo grazie al lockdown e ai vaccini
Per l’India lasciarsi alle spalle questa situazione da incubo richiederà del tempo. I vaccini contro il COVID-19 scarseggiano anche in città, mentre nelle aree più remote non sono mai arrivati. L’unico strumento a disposizione dei cittadini, anche lì dove non ci sono ospedali ma soltanto medici di base con pochi strumenti a portata di mano, è rappresentato dalle chiusure e dalle limitazioni agli spostamenti, lockdown più o meno duri che non sono stati imposti a livello nazionali ma dalle autorità sanitarie delle singole province dell’India.
Misure più o meno restrittive sono in vigore in tutto il Paese, con qualche differenza tra le province più colpite dal virus e quelle in cui l’incidenza è minore. Nello stato del Kerala si è arrivati addirittura ad imporre un triplo lockdown che resterà in vigore fino al 23 maggio: i negozi che vendono beni di prima necessità saranno aperti un giorno si e un giorno no e nei giorni di apertura dovranno chiudere alle 14. Dopo quell’orario non sono permesse neanche le consegne a domicilio. Banche e altri servizi finanziari possono operare dalle 10 alle 13 soltanto il lunedì, il mercoledì e il venerdì.
I confini di Thiruvananthapuram, Ernakulam, Thrissur e Malappuram sono stati sigillati dalle autorità – nessuno può entrare né uscire – e lo stesso sta accadendo con tutte le abitazioni in cui ci sono dei positivi o dei contatti di positivi. Costretti in casa, senza eccezione alcuna. Le uniche persone che potranno muoversi con più libertà sono i lavoratori dei servizi essenziali e il personale sanitario. A controllare che ogni regola venga rispettato ci saranno pensando i droni della polizia locale, che sorvolano le aree in triplo lockdown giorno e notte.