Vaccini, l’Unione europea valuta il blocco delle esportazioni

La Commissione Ue sta pensando a un meccanismo che dia agli Stati il potere di concedere o meno l’export delle dosi

28 Gennaio 2021 21:45

Proteggere i cittadini (e gli investimenti) europei impedendo alle case farmaceutiche di esportare i vaccini al di fuori della Ue. È questa l’idea della Commissione europea per evitare la dispersione delle dosi contro il Covid-19 presenti nel continente. L’Unione europea considera questa soluzione “drastica”, ma potrebbe rendersi necessaria se le consegne, nei Paesi Ue, dovessero subire ulteriori ritardi. I casi di Pfizer e, soprattutto, di AstraZeneca, hanno irritato i governi e rallentato di molto i piani vaccinali, iniziati invece a buona velocità tra la fine di dicembre e l’inizio di gennaio. Proprio a causa dei ritardi nelle consegne, infatti, la Spagna ha dovuto sospendere la campagna di vaccinazioni nella regione di Madrid, paventando un’ipotesi simile anche in Catalogna. L’Unione europea non ci sta più.

Il meccanismo, che potrebbe entrare in vigore nel giro di pochi giorni, dovrebbe funzionare così: le aziende che intendono esportare i vaccini devono comunicare alle autorità nazionali le informazioni su cosa vogliono esportare e verso dove intendono farlo. Ricevute queste informazioni, i singoli Paesi dovranno controllarle e, a seconda dei casi, dare o rifiutare l’autorizzazione all’export. Un sistema già applicato, nei primi mesi della pandemia, per i dispositivi sanitari di protezione individuale (le mascherine), e che ha permesso all’Europa di non soffrirne la mancanza. In questo modo, quindi, sarà assicurato che “le dosi di vaccino per cui abbiamo pagato siano consegnate ai cittadini della Ue“, come riferisce un alto funzionario comunitario.

Un sistema del genere, quindi, non permetterebbe alle singole aziende di danneggiare l’Europa in favore di Paesi disposti a pagare di più per i vaccini. Questo, sostanzialmente, è il timore che la Ue nutre nei confronti di AstraZeneca, che nei giorni scorsi aveva annunciato un taglio del 60% delle dosi prenotate dall’Unione (per un vaccino non ancora approvato dall’Ema) a fronte di una produzione e distribuzione regolare di dosi nel Regno Unito.

I dubbi sull’azienda non riguardano solamente il rispetto dei contratti: la commissione tedesca sui vaccini infatti, ha raccomandato la somministrazione del vaccino AstraZeneca solo alle persone sotto i 65 anni. Questo perché i dati sull’efficacia del siero per le persone più anziane sono ancora insufficienti. L’Ema dovrebbe decidere sulla sua approvazione il 29 gennaio, a patto che la documentazione richiesta sia giudicata soddisfacente. “Ci siamo impegnati a un coordinamento ancora più stretto per tracciare insieme un percorso per la consegna del nostro vaccino nei prossimi mesi” ha dichiarato un portavoce dell’azienda nel riferire alla stampa dell’incontro di ieri tra il Ceo dell’azienda, Pascal Soriot, e il comitato direttivo dell’Ue. Un incontro che, a un certo punto, sembrava potesse saltare dopo ore di reciproche accuse tra la casa farmaceutica e la Ue.

AstraZeneca: “Nessun obbligo con l’Europa”

La tensione nasce dall’annuncio, da parte sia di AstraZeneca che di Pfizer, di ritardi nella distribuzione in Europa rispetto alla tabella di marcia. In particolare, proprio AstraZeneca aveva dichiarato che, nel primo trimestre del 2021, nella Ue ci sarebbe stato un taglio del 60% delle dosi rispetto a quanto inizialmente previsto. Un intoppo che, chiaramente, non è piaciuta né a Bruxelles né ai vari governi nazionali, e che avrebbe (ha) comportato ritardi di almeno un mese nelle campagne vaccinali. Per capirci, l’intera Ue avrebbe avuto 31 milioni di dosi contro le 80 stabilite, l’Italia sarebbe passata da 16 a 3,4. Il sospetto della Commissione Europea è che, quindi, dietro il rallentamento ci sia la scelta dell’azienda di vendere al miglior offerente le dosi di vaccino già prodotte e da produrre. Proprio per questo motivo Stella Kyriakides, commissaria europea alla salute, ha chiesto ad AstraZeneca di fornire indicazioni specifiche sulle dosi prodotte e le consegne effettuate. Addirittura, per evitare mosse scorrette da parte delle case farmaceutiche, la Commissione sta pensando di mettere in piedi un sistema per obbligare i produttori di vaccini nei Paesi Ue a ottenere delle autorizzazioni preventive per poter esportare i vaccini fuori dall’Unione. Una norma che andrebbe a colpire direttamente AstraZeneca, il cui vaccino è prodotto in parte in Belgio. Un primo incontro tra l’azienda e Kyriakides, tenutosi martedì 26, era stato definito dalla commissaria “insoddisfacente”: “I produttori di vaccini hanno responsabilità sociali e contrattuali a cui devono attenersi“.

La risposta dell’azienda

A questo punto entra in ballo AstraZeneca, attraverso un’intervista che il suo ceo Pascal Soriot ha rilasciato ad alcuni quotidiani europei (per l’Italia, Repubblica):

“Con l’Unione Europea non abbiamo nessun obbligo. Regno Unito e Ue hanno due catene produttive diverse, e quelle britanniche sono più efficienti perché sono partite prima. Nel nostro contratto c’è scritto chiaramente ‘best effort’, cioè ‘faremo de nostro meglio’. Abbiamo deciso di usare quella formula perché l’Unione Europea voleva la stessa capacità produttiva del Regno Unito, nonostante il contratto fosse stato firmato tre mesi dopo. Non è un obbligo contrattuale, ma un impegno a fare il massimo. Sapevamo sarebbe stato difficile, infatti ora abbiamo un po’ di ritardo”

In particolare, Soriot sostiene che l’azienda stia avendo dei problemi nella prima delle due fasi necessarie alla produzione del vaccino. La prima fase, quella della creazione del principio attivo, viene fatta in due stabilimenti (Belgio e Olanda), la seconda, quella della resa in farmaco, è fatta in Germania e in Italia (Anagni). Soriot ha spiegato come le difficoltà ci siano nella prima fase: “Alcuni siti generano più raccolto, altri meno, come accaduto in Europa. Questo succede quando la produzione aumenta a centinaia di migliaia di dosi di nuovo vaccino“. Per il ceo, queste disfunzionalità hanno causato due mesi di ritardo, “ma risolveremo questi problemi”.

Una versione che convince poco l’Unione Europea, che continua a chiedere all’azienda informazioni più dettagliate sulle difficoltà riscontrate, considerando anche che nel Regno Unito (dove vengono prodotti i vaccini AstraZeneca lì distribuiti) la produzione va avanti a ritmi sostenuti. Soriot ha dichiarato, nella stessa intervista, che le dosi prodotte in Uk non saranno esportate altrove. Come risposta, quindi, la Ue ha chiesto ad AstraZeneca di rendere pubblico il contratto (che pubblico non è) per cui è prevista la consegna di 400 milioni di dosi nel continente. E dire che questo vaccino deve ancora essere approvato nella Ue: per quanto già utilizzato in Gran Bretagna, non è ancora stato approvato dall’Ema (agenzia europea del farmaco) a differenza di quelli Pfizer-BionTech e Moderna.

 

 

 

 

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