Corsa al vaccino in Brasile mentre si teme una nuova ondata di COVID
A che punto è la pandemia da COVID-19 in Brasile? Si teme una terza ondata, mentre un nuovo studio mette in guardia dal binomio COVID-Dengue.
Il Brasile è tutt’altro che fuori dall’emergenza COVID-19, ma anche gli stati del Paese più colpiti dalla pandemia nei mesi scorsi hanno deciso di non posticipare il piano delle riaperture, anche se nuove minacce restano in agguato. Lo stato di San Paolo, il più popoloso del Brasile con oltre 46 milioni di abitanti, è in lockdown dall’8 marzo scorso e dal 1° giugno prossimo inizierà ad allentare un po’ le maglie.
Lo ha annunciato oggi in conferenza stampa il governatore Joao Doria, che anche in questa occasione ha invitato i cittadini a muoversi con la massima cautela e la massima prudenza rispettando il distanziamento sociale anche man mano che le restrizioni saranno ridotte. Il coprifuoco notturno resterà in vigore, ma dal 1° giugno gli esercizi commerciali potranno restare aperti fino alle 22 con una capienza massima del 60%.
COVID-19 in Brasile. Il punto sui contagi
Se l’India ha monopolizzato la stampa in queste ultime settimana a causa dei numeri record della pandemia, questo non significa che nell’altro grande Paese più colpito dal virus, il Brasile appunto, l’emergenza sia rientrata. Dopo un calo dei casi verso la fine di aprile, la curva del contagio in Brasile sta riprendendo a salire – oltre 79mila i casi di COVID accertati nelle ultime 24 ore, 75mila il giorno precedente – e tra gli Stati più a rischio, oggi sotto stretta osservazione, c’è quello di Amazonas, dove l’arrivo di una terza ondata sembra ormai confermato.
I dati diffusi dalle autorità sanitarie brasiliane segnalano un incremento del 42,3% delle infezioni nello Stato rispetto all’ultima settimana di aprile e il governatore Wilson Lima ha detto chiaro e tondo che l’Amazonas si sta preparando per il peggior scenario possibile. Lucas Ferrante, ricercatore presso l’Instituto Nacional de Pesquisas da Amazônia (INPA) ha previsto che la terza ondata potrebbe arrivare entro il prossimo mese:
Siamo molto preoccupanti dalla terza ondata. Potrebbe non essere esplosiva come la seconda, ma potrebbe durare più a lungo. Dipenderà dalle nuove varianti del virus.
Gli strascichi della seconda ondata della pandemia sono ancora evidenti. Alla seconda metà di maggio i posti letto nelle terapie intensive dello stato di Amazonas erano occupati al 63%, ma visto il rischio di una nuova ondata in arrivo le autorità sanitarie locali stanno lavorando senza sosta per aumentare il numero dei letti e fare scorta di tutto quello che potrebbe servire, dai medicinali per le terapie all’ossigeno.
I vaccini scarseggiano, ma la produzione di massa sta per partire
La campagna di vaccinazione in Brasile prosegue senza sosta, ma il Paese è costretto a fare i conti con una scarsità di dosi che rischia di rallentare di molto il piano di immunizzazione. Ad oggi sono state somministrate 55 milioni di dosi e soltanto l’8,4% dei cittadini può dirsi immunizzato, pari a 17,7 milioni di persone.
Nelle ultime ore Pfizer ha inviato in Brasile 629mila dosi di vaccino, il quarto batch di vaccini inviato nel Paese dalla firma del contratto da 200 milioni di dosi di vaccino. In totale sono soltanto 2.8 milioni le dosi inviate da Pfizer in Brasile, ma dalla Cina sono in arrivo importanti carichi di ingredienti necessari per la produzione in loco di due vaccini, quello di AstraZeneca e quello cinese Sinovac.
Fonti ufficiali del governo brasiliano hanno assicurato che gli ingredienti e i componenti in arrivo saranno sufficienti a produrre 25 milioni di dosi dei due vaccini, AstraZeneca e Sinovac. A contribuire alla produzione dei vaccini, dopo il via libera del Senato brasiliano, saranno anche diversi laboratori veterinari che saranno temporaneamente riconvertiti. Grazie a questa insolita collaborazione, e dopo che i laboratori che puntano ad aderire supereranno le ispezioni in programma nei prossimi giorni, potrebbero essere prodotte fino a 400 milioni di dosi di vaccino entro i prossimi 90 giorni.
Il Ministro della Salute del Brasile, Marcelo Queiroga, ha confermato anche di aver avviato le trattative con Moderna per l’acquisto di un quantitativo non ancora precisato di dosi del vaccino messo a punto dall’azienda farmaceutica statunitense, quello a mRNA in uso anche in Italia e nel resto d’Europa.
COVID-19 e Dengue. Una combo che preoccupa il Brasile
Ai ritardi nei vaccini e con lo spauracchio di una terza ondata in arrivo si aggiunge un’ulteriore preoccupazione che ha trovato conferma in queste ore da uno studio condotto dall’Università di San Paolo, secondo il quale c’è una correlazione tra i casi sintomatici di COVID-19 e la febbre dengue.
Secondo lo studio pubblicato sulla rivista scientifica Clinical Infectious Diseases, e frutto di un’analisi condotta su 1.285 residenti della cittadina di Mâncio Lima, nell’area dell’Amazzonia, le persone che hanno contratto la dengue in passato hanno il doppio delle possibilità di sviluppare i sintomi del COVID-19 in caso di infezione rispetto a chi non è mai venuto in contatto col virus Dengue.
I risultati dimostrano che la popolazione più esposta alla dengue ha un rischio più alto di ammalarsi gravemente di COVID-19.
Al febbraio scorso, secondo i dati delle autorità sanitarie brasiliane, i casi di dengue nel Paese sono aumentati del 574% rispetto all’anno precedente. “Questo dovrebbe essere più all’attenzione del governo federale. Le due epidemie sono in corso in parallelo e rischiano di colpire la stessa popolazione più vulnerabile”, è l’allarme lanciato dal professor Marcelo Urbano Ferreira dell’Instituto de Ciências Biomédicas di San Paolo. Un allarme che, come anticipato dallo stesso ricercatore, è destinato ad essere ignorato o sottovalutato.