Covid: un farmaco contro l’artrite la soluzione per gli ospedalizzati?
L’Ema valuta l’uso del medicinale immunosoppressore Olumiant (baricitinib) per trattare i casi di Covid più seri, la risposta entro luglio
Una risposta ai casi più seri di Covid potrebbe arrivare da un farmaco immunosoppressore usato per l’artrite. L’Ema sta valutando per la precisione l’utilizzo dell’Olumiant, che viene usato per ridurre l’attività del sistema immunitario ed è ad oggi autorizzato per combattere artrite reumatoide o dermatite atopica negli adulti. L’agenzia del farmaco europea, a tal proposito, ha avviato la valutazione di estensione dell’uso dell’Olumiant per trattare il Covid-19 nei pazienti dai 10 anni di età in su che necessitino di ossigenoterapia supplementare.
L’Olumiant per curare i casi gravi di Covid?
Sì, ma perché? Ebbene, il principio attivo di questo farmaco è il baricitinib, che ha la capacità di bloccare l’azione di enzimi chiamati “Janus chinasi”, coinvolti nei processi immunitari che portano all’infiammazione. Nel caso del coronavirus, questo farmaco potrebbe dunque contribuire alla riduzione dell’infiammazione delle forme gravi. Per arrivare all’eventuale autorizzazione dell’Olumiant – autorizzato per la prima volta nell’Ue nel febbraio 2017 – contro il Covid-19, l’Ema effettuerà una valutazione dei dati presentati dalla causa farmaceutica che commercializza il farmaco, inclusi due studi effettuati su pazienti ricoverati in ospedale con il coronavirus.
Entro luglio la valutazione dell’Ema
L’esito di questa valutazione dovrebbe arrivare entro luglio prossimo: l’Ema darà il suo parere, al netto di valutazioni supplementari, e lo trasmetterà alla Commissione Europea, cui poi spetterà la decisione finale e che dovrà essere applicata in tutti gli stati membri dell’UE. Insomma, si va avanti tutta sul fronte vaccini (Moderna lavora ad un farmaco che copra addirittura 4 virus) per prevenire i contagi (o quantomeno quelli gravi), ma al contempo si cercano nuove cure per intervenire dopo l’infezione, visti anche i pareri discordanti sugli anticorpi monoclonali. La comunità scientifica italiana continua a dividersi sull’argomento, mentre all’esterno sembrano volerci puntare con maggiore decisione. Nel Pordenonese, intanto, sono stati curati con gli anticorpi monoclonali i primi sette pazienti e i risultati sembrano incoraggianti.