Istat: +202mila disoccupati in un anno, leggero recupero della produzione industriale
I dati sulla disoccupazione in aumento che coinvolge più di 2,5 mln di persone e quelli sulla produzione dell’industria, in recupero su base congiunturale
Aumenta il numero di disoccupati in Italia che, complice l’emergenza sanitaria, si porta a 2.546.000 unità, l’8,6% in più in un anno, pari a 202mila persone senza lavoro. Lo certifica l’Istat con i dati pubblicati oggi, relativi al terzo trimestre dell’anno.
Il tasso di disoccupazione che era in calo da sei trimestri consecutivi, sale così al 9,8%, +1,4 punti percentuali rispetto al secondo trimestre del 2020. La flessione registrata per tredici trimestri di fila, che era stata particolarmente accentuata nei primi due trimestri dell’anno, lascia spazio all’aumento dei disoccupati che riguarda sia chi è in cerca di prima occupazione sia chi ha precedenti esperienze lavorative.
Produzione industriale -2,1% annuo
Sempre oggi l’Istituto nazionale di statistica ha diffuso i dati sul leggero recupero congiunturale della produzione industriale che a ottobre, dopo il calo di settembre, fa segnare un +1,3%. Su base tendenziale invece la produzione industriale diminuisce del 2,1%. Tutti i comparti industriali sono in diminuzione su base annua e soprattutto i beni di consumo.
Nella media del trimestre agosto-ottobre 2020 il livello della produzione industriale sale dell’11,7% sul trimestre precedente, con la crescita di ottobre estesa a tutti i settori, fatta eccezione per l’energia. L’indice destagionalizzato mensile della produzione industriale sempre a ottobre mostra un aumento congiunturale “apprezzabile” per i beni strumentali (+2,6%) e aumenti per i beni intermedi (+1,3%) e per i beni di consumo (+0,7%) mentre l’energia cala del 3,0%.
Su base annua i settori di attività che registrano gli aumenti più importanti sono la fabbricazione di mezzi di trasporto (+5,6%), la fabbricazione di apparecchiature elettriche (+4,0%) e le altre industrie (+3,5%). Viceversa le diminuzioni più ampie si hanno nelle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori e nella fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati, tutt’e due in calo del 17,4%.