Generale, la guerra è finita
Un anno fa l’esecuzione del generale iraniano Soleimani (una delle geniali mosse diplomatiche di Trump) fece credere che la terza guerra mondiale fosse alle porte, invece stava per succedere tutt’altro.
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Dodici mesi fa, l’anno che avrebbe cambiato tutto – ma che per noi era ancora un anno come tutti – venne inaugurato da una ondata di polemiche, chiacchiere e meme, alcuni decisamente ben riusciti, generati da un fattoide che visto ora, a freddo, è totalmente WTF.
Che cosa era successo? Era successo che il 31 dicembre, in piazza San Pietro, il papa venne strattonato da una fedele e, preso un po’ di sorpresa e con troppa veemenza dalla donna, reagì con una stizza non esattamente papale. La scena, ovviamente, venne filmata e istantaneamente spammata sui social, facendo il giro del mondo, e costringendo Francesco a chiedere scusa durante l’Angelus del 1 gennaio per aver perso la pazienza.
Nel frattempo, il discorso mediatico e socialmediatico continuava frizzante come sempre, tra chi si impegnava a cercare di capire perché AstroSamanta, al secolo Samantha Cristoforetti, avrebbe lasciato l’Aeronautica e chi seguiva la bagarre online tra Burioni, che anche prima del coronavirus faceva da mattatore sui social e, udite udite, Gasparri a proposito di cannabis. Per fortuna non ci ricordiamo nulla di tutto ciò — nemmeno del papa, chiaramente — ma purtroppo, insieme a quelle perdite di tempo, ci siamo quasi tutti dimenticati di cose ben più importanti che avrebbero meritato più attenzione.
Sì, perché intanto gli incendi in Australia continuavano a far morti, durante la prima manifestazione dell’anno a Hong Kong la polizia arresta 400 persone, in Iraq le violenze non accennavano a diminuire e i disastri climatici continuavano a mietere vittime, questa volta a Giacarta.
Ma la grande notizia della settimana, quella che per giorni ci fece addirittura temere lo scoppio della terza guerra mondiale — sì, tutto vero, e se ci pensi questa te la ricordi quasi di sicuro — fu l’uccisione durante un attacco americano del generale iraniano Qassem Suleimani, ovvero uno degli uomini più potenti della repubblica islamica iraniana. Ne eravamo tutti certi, sarebbe stata la notizia dell’anno. E invece proprio no. Perché nella provincia di Wuhan, che nessuno di noi ancora praticamente aveva mai sentito nominare, il coronavirus stava già facendo le prime vittime.
Nei giorni seguenti la vicenda USA vs Iran continuò a tenerci impegnati, con Trump che su Twitter dichiarò di voler bombardare dei siti culturali iraniani e tutti che ci impazzivamo dietro. Intanto Avvenire pubblica alcune immagini che mostrano le torture a una migrante in un campo libico, l’Iraq vuole espellere i militari americani dal suo territorio, la Turchia di Erdogan inizia a mandare i suoi soldati in Libia (questa sì che era una notizia, anche se non le abbiamo dato molto retta) e inizia il processo a Hervey Weinstein, pietra angolare del fenomeno del #metoo ma di cui dopo 9 mesi di coronavirus ci siamo quasi tutti dimenticati.
Le 20 personalità da tenere d’occhio nel 2020: che cosa hanno combinato nel 2020?
C’è un particolare genere di profezia pseudo-giornalistica che potremmo definire delle “Rising Stars” – gli astri nascenti – che è in qualche modo l’opposto speculare della ormai intoccabile tradizione, logicamente molto più lineare, della nomina della Persona dell’anno da parte del settimanale statunitense Time.
In pratica, invece di selezionare la persona o le persone che si sono contraddistinte nei 12 mesi che precedono la stesura dell’articolo, come fa il Time con la sua classica cover di fine anno, il Rising Stars cerca di fare l’opposto e individuare le 20, 30 o 50 persone che si faranno notare nei 12 mesi successivi.
Un po’ come l’oroscopo di Paolo Fox, queste classifiche — è famosa quella di Wired che ne seleziona 50 o anche quella del Times che l’anno scorso ne ha selezionati 20 — sono estremamente curiose da leggere a posteriori. 12 mesi dopo, infatti, sono invariabilmente la dimostrazione più plastica possibile del fatto che il giornalismo predittivo somiglia più all’oroscopo, con cui condivide l’utilità, che all’informazione di cui abbiamo bisogno per stare al mondo, per capire quello che succede e anche, certo, per prepararci a quello che avverrà.
Alla prova dei fatti, in effetti, il risultato è abbastanza drammatico.
Se scorriamo la lista delle 20 personalità da tenere d’occhio, quelle che si sarebbero ritagliate un ruolo fondamentale durante il 2020, per esempio, compilata all’inizio dal Times troviamo in prima fila la politica francese Valerie Pécresse, ex ministra dell’istruzione – contestatissima – ai tempi di Sarkozy, che secondo il quotidiano britannico avrebbe potuto assurgere a sfidante di Macron per le elezioni presidenziali previste per il 2022, ma che, almeno per ora, sembrerebbe addirittura faticare a tenersi la poltrona della presidenza del consiglio regionale dell’Île-de-France.
C’era anche un’italiana in quella liste compilata dal Times.
Era Giorgia Meloni, la capitana di fratelli d’Italia, che all’inizio del 2020 sceglieva come desiderio per l’anno nuovo quello di fare cadere il governo Conte e che, anche se durante quest’anno pandemico il governo non l’ha fatto cadere nemmeno di striscio, in effetti ha avuto una crescita di popolarità notevole, portando Fratelli d’Italia da quasi l’11 per cento di fine 2019 al 16 di fine 2020. Ci sarà da vedere come si comporterà nei prossimi 6 mesi, quelli che precedono il semestre bianco (si chiama così il periodo che precede la rielezione del Presidente della Repubblica, il quale non potrà più sciogliere le camere). Vedremo, per ora, come curiosità che purtroppo poco ha a che fare con il successo o meno a livello politico, possiamo segnalare che proprio lei ha vinto il premio per la più grossa panzana del 2020 di Pagella Politica.
La lista del Times conteneva anche altri nomi di politici che quest’anno sono stati frenati dalla pandemia, ma che – chissà – potranno avere qualcosa da dire in questo 2021. Dal turco Ali Babacan, presidente del neo fondato partito democratico turco, passando da Gideon Saar, il politico israeliano anch’esso fondatore di un nuovo partito e ormai rivale numero 1 di Benjamin Netanyahu, fino a Shinjiro Koizumi, ministro giapponese dell’Ambiente, che giusto giusto un anno fa veniva citato dai giornali di mezzo mondo per essere stato il primo politico giapponese a prendere un congedo di paternità.
Tra tutti i nomi di quella lista, uno in particolare spicca per essere uno di quelli che l’inglese definirebbe “epic fail”. È il generale iraniano Qassem Soleimani che, dopo poche ore dalla nomination come uomo da tenere d’occhio nel 2020, è stato ucciso da un drone americano. Forse avevano letto anche loro la classifica del Times? Di sicuro Soleimani era un pezzo grossissimo e, se non fosse esploso il 3 gennaio del 2020, avrebbe effettivamente potuto giocare un ruolo sempre più importante nella politica iraniana. Forse tra i generali americani c’era qualche lettore del Times.
In ogni caso, se non bastasse la rilettura a posteriori per decretare l’invariabile inutilità informativa di queste classifiche, c’è un altro metodo abbastanza infallibile che, anche a priori, ti permetterà di filtrare un contenuto utile da un o inutile senza nemmeno leggere una riga.
Se è una gallery, infatti, non serve a informarti, ma a moltiplicare l’unico atto che il giornalismo digitale mainstream a base pubblicitaria ha saputo legare a una conversione economica: il click. Facci caso, questo tipo di articoli non sono quasi mai veri e propri articoli, bensì gallery fotografiche che richiedono tanti click quanti sono i personaggi (ma vale per tutto, dai migliori film fino ai migliori meme dell’anno) selezionati nella classifica.