I numeri necessari a Draghi per governare: gli scenari
L’ex presidente della Bce dovrà trovare una maggioranza in Parlamento che sostenga il suo esecutivo: ecco la situazione attuale
L’opinione pubblica ha preso bene la scelta del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, di affidare all’ex presidente della Bce Mario Draghi l’incarico di formare un nuovo governo. Matteo Renzi, che a questa crisi di governo ha dato inizio e impulso, è stato il più soddisfatto di tutti (“Sono felice, ma ho patito l’odio“), e anche i gruppi più europeisti del Parlamento hanno risposto favorevolmente. Per Nicola Zingaretti, segretario del Pd, “si apre una nuova fase, ma non vanno buttate a mare le alleanze“. Insomma, il centrosinistra sembra abbastanza unito nel sostegno all’esecutivo Draghi, e il sì è arrivato anche da Forza Italia. Questo, però, non basta.
I dubbi dei 5 stelle e della destra
Sì, perché se il lato dei vincitori dell’operazione-Draghi è stato comodamente occupato da Matteo Renzi, su quello dei perdenti siedono mesti i grillini. In molti osservatori, per esempio, non hanno esitato a definire questa operazione come la fine politica del Movimento, sconfitto su tutti i fronti. Uno dei diktat imposto dai 5 stelle – che, ricordiamolo, formano il principale gruppo nei due rami del Parlamento – agli alleati di governo era quello di Giuseppe Conte come Presidente del Consiglio, un’ipotesi che, seppur cara a Pd e Leu, non ha però avuto seguito. Perso il principale “volto” governativo del Movimento, i grillini adesso sono tiepidi nei confronti del premier incaricato: “Siamo leali a Conte“, è il monito di Grillo. “Il Movimento 5 stelle ha, a mio avviso, il dovere di partecipare, ascoltare e di assumere poi una posizione sulla base di quello che i parlamentari decideranno” è invece il commento di Luigi Di Maio, ministro del Lavoro nell’esecutivo gialloverde e degli Esteri in quello giallorosso. Dubbi comprensibili, dal punto di vista dei 5 Stelle: il gruppo sa di avere i numeri nelle due camere per poter essere determinante, e difficilmente rinuncerà a mettere in chiaro il suo peso.
Ci sarà invece Forza Italia, per cui ha parlato proprio Silvio Berlusconi:
La scelta del Presidente della Repubblica di conferire a Mario Draghi l’incarico di formare il nuovo governo va nella direzione che abbiamo indicato da settimane: quella di una personalità di alto profilo istituzionale attorno alla quale si possa tentare di realizzare l’unità sostanziale delle migliori energie del Paese.
“La nostra scelta sul sostegno al governo appare fin troppo semplice”, è il commento di Mara Carfagna, vicepresidente di Forza Italia alla Camera.
Berlusconi ha però poi ribadito l’importanza di continuare a dialogare con gli alleati di centrodestra, il cui sostegno al premier incaricato non è però scontato. Matteo Salvini, leader della Lega, ha ribadito la volontà del suo partito di tornare alle urne, ha detto un secco “No” a un governo “di soli tecnici” o del “tutti dentro”, ma ha anche dichiarato che ascolterà le intenzioni di Draghi prima di decidere o meno sulla fiducia. Secco, invece, il rifiuto di Fratelli d’Italia, per cui ha parlato Giorgia Meloni: “Non c’è nessuna possibilità di sostegno al governo Draghi, gli italiani hanno bisogno di votare“.
I numeri
La coalizione, quindi, è tutta da formare. Al momento, ad essersi già schierati con il premier incaricato ci sono soltanto Partito democratico e Italia Viva, con alcuni gruppi più piccoli come +Europa di Emma Bonino e Centro Democratico di Bruno Tabacci. Draghi potrebbe poi contare sul sostegno di Azione di Calenda e Cambiamo! di Toti. Ma sono evidentemente necessari numeri più alti. Con una maggioranza disegnata su quella dell’esecutivo uscente (quindi con il sostegno dei 5 Stelle) e con i vari gruppi già citati, l’ex presidente della Bce non avrebbe problemi: ci sarebbero 366 voti alla Camera e 179 al Senato, una maggioranza non ampia ma assoluta, e il governo potrebbe partire. Discorso rafforzato qualora si formasse la “maggioranza Ursula” con Forza Italia dentro: i voti alla Camera salirebbero a 457, con 231 al Senato. Fondamentale, però, l’appoggio dei 5 Stelle: senza, anche un eventuale ingresso in maggioranza di Fi non basterebbe. Servirebbe, al massimo, l’astensione dei grillini: in quel caso Draghi guiderebbe un esecutivo di minoranza quanto mai fragile.
Se i 5 stelle dovessero quindi decidere di non appoggiare il governo Draghi, diventerebbe fondamentale il ruolo della Lega, secondo gruppo parlamentare per numeri. Come nota lo studio di YouTrend e Cattaneo-Zanetto, infatti, un “sì” (ma anche un’astensione) del Carroccio renderebbe ininfluente la contrarietà dei grillini. Diverso invece se il gruppo di Salvini dovesse votare no: a quel punto un rifiuto congiunto del Movimento 5 stelle non permetterebbe la formazione di un governo. Insomma, la vita dell’esecutivo Draghi dipende in maniera abbastanza determinante dalle due forze che, a inizio legislatura, hanno dato vita al governo gialloverde.