Il caos dei vaccini si può risolvere con la liberazione dei brevetti?
Cresce il fronte dei sostenitori di una liberazione temporanea dei brevetti sui vaccini anti-COVID. L’UE e la Svizzera si oppongono.
Il caos legato alle forniture limitate dei vaccini contro il COVID da parte delle aziende che li hanno messi a punto e che li stanno producendo e distribuendo è destinato a peggiorare. È passato un anno dall’esplosione della pandemia da COVID, i vaccini rappresentano lo strumento più efficace per combattere il virus e tornare il prima possibile ad una semi-normalità.
Il Mondo intero e la salute pubblica di miliardi di persone sono legati alle capacità produttive di una manciata di aziende private che detengono i brevetto dei vaccini da loro sviluppati. E questo perché l’Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio, il cosiddetto accordo TRIPs promosso dall’Organizzazione Mondiale del Commercio e firmato da 162 Paesi del Mondo il 1° gennaio 1995 garantisce alle aziende farmaceutiche dei diritti ampliati di protezione della proprietà intellettuale.
Liberare i brevetti sui vaccini. UE e Svizzera sono contrari
La discussione sulla libertà di riprodurre farmaci considerati vitali o fondamentali è in corso ormai da anni, ma la pandemia da COVID-19 ha accentuato quel dibattito e lo scorso dicembre i governi di India e Sudafrica hanno chiesto un intervento formale non soltanto all’Organizzazione Mondiale del Commercio, ma anche all’Organizzazione Mondiale della Sanità: se fossero aboliti temporaneamente i diritti di proprietà intellettuale sui brevetti per i vaccini contro il COVID-19 chiunque potrebbe produrli e distribuirli in modo più capillare rispetto alle tempistiche legate alle capacità produttive di aziende come Moderna, Pfizer-BioNTech o AstraZeneca.
I più forti oppositori a questa possibilità sono la Svizzera, gli Stati Uniti e l’Unione Europea. La Commissione UE, nonostante le pressioni arrivate dalle file dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici, sostiene che contestare la proprietà intellettuale sui brevetti dei vaccini già messi a punto toglierebbe alle aziende produttrici degli stessi la motivazione ad espandere le proprie capacità produttive e di ricerca.
La Commissione Europea è convinta che i produttori dei vaccini, pubblici o privati che siano, non dovrebbero essere costretti a cedere le proprie proprietà intellettuali: “Ci aspettiamo che si impegnino verso l’obiettivo di un accesso universale e conveniente alla diagnostica, ai trattamenti e ai vaccini“. La Commissione UE supporta la risoluzione approvata lo scorso anno dall’Assemblea mondiale della sanità, secondo la quale viene promossa la licenza volontaria della proprietà intellettuale per promuovere un accesso globale alle cure e alle terapie.
I Paesi più poveri arriveranno per ultimi
Se l’UE, che si è mossa con largo anticipo ed ha firmato contratti per milioni e milioni di dosi di vaccino con le principali aziende farmaceutiche, che affrontando ritardi che rischiano di far slittare di mesi la cosiddetta immunità di gregge, la situazione è peggiore in quei Paesi del Mondo più poveri che possono contare soltanto sulle donazioni dei Paesi più ricchi. Amnesty sostiene che nel 2021 oltre 70 Paesi del Mondo non potranno vaccinare più di una persona su 10. Ed è proprio su questo aspetto che si stanno concentrando gli appelli all’abolizione temporanea della proprietà intellettuale sui brevetti dei vaccini contro il COVID-19.
La posizione della Svizzera è simile a quella dell’UE. La proprietà intellettuale, sostengono le autorità svizzere non sarebbe un ostacolo dal momento che esistono già dei meccanismi, come la licenza obbligatoria, per i Paesi a basso reddito. I meccanismi esistono, è vero, ma allo stato attuale sarebbero tutt’altro che sufficienti garantire un accesso rapido ed equo ai mezzi di lotta al COVID-19.
Crescono gli appelli per liberare i brevetti dei vaccini
Col passare delle settimane, però, sta crescendo il fronte dei sostenitori di una deroga temporanea ad alcune delle regole fissate dall’Accordo TRIPS. In Italia la supportano il presidente della Fondazione Gimbe Nino Cartabellotta – “I Governi europei non perdano tempo (e denaro) in azioni legali contro Pfizer e AstraZeneca. Piuttosto si (pre)occupino di liberare le licenze dei vaccini contro COVID-19” – e Silvio Garattini dell’Istituto Mario Negri:
Se ci sono ragioni importanti di salute pubblica, gli Stati possono chiedere o pretendere la licenza del farmaco per produrlo in grosse quantità. L’Italia, l’Europa, possono chiederlo. In un momento di grandi difficoltà bisognerebbe avere il coraggio di abolire i brevetti sui farmaci salvavita come i vaccini. E se non facciamo le cose alla svelta, rischiamo che qualche variante non sia più suscettibile al vaccino.
Un appello simile era già stato lanciato lo scorso anno da gruppo di esperti delle Nazioni Unite, convinti che “le regole attualmente in vigore rischiano di avere degli effetti negativi sul prezzo e la disponibilità dei prodotti medici” e in queste ore anche Amnesty International e Public Eye stanno supportando l’appello di oltre 100 Paesi del Mondo in vista della riunione dell’Organizzazione Mondiale del Commercio in programma per il prossimo 4 febbraio. Patrick Durisch, responsabile Politica Salute di Public Eye, spiega:
Questa deroga permetterebbe un importante guadagno di tempo, ma anche una libertà d’azione per moltiplicare la produzione di mezzi di lotta contro il Coronavirus, rispondendo ai bisogni locali o regionali che attualmente sono scoperti. Le restrizioni imposte dall’Accordo TRIPS lo impediscono. Un’impresa locale con il know-how necessario sarebbe autorizzata a produrre test, vaccini o medicamenti senza dover negoziare a lungo per una licenza.
Stessa posizione di Pablo Cruchon di Amnesty in Svizzera, che punta il governo svizzero a supportare questa richiesta di deroga per un periodo limitato di tempo:
Sostenere la deroga temporanea all’Accordo TRIPS è una tappa importante per rispondere agli obblighi degli Stati in materia di diritto alla salute e di diritti umani. I governi hanno l’obbligo di vegliare affinché tutti i paesi condividano i benefici della ricerca scientifica e abbiano accesso ai prodotti e ai trattamenti medici necessari per lottare contro il COVID-19.