Il vaccino starebbe funzionando in Israele. Crollo del 94% dei casi sintomatici
Nel confronto tra vaccinati e non vaccinati in Israele, la riduzione delle forme sintomatiche della malattia sarebbe pari al 94%.
Il centro di ricerca di Clalit, la più grande compagnia assicurativa medica di Israele, ha pubblicato un paper contenente i primi dati sull’efficacia delle vaccinazione anti Covid-19. I risultati sono stati ottenuti grazie allo studio condotto su un campione di 1,2 milioni di persone, di cui 600mila completamente vaccinate e 600mila, con profili medici simili, non vaccinate. Secondo quanto emerso dalla ricerca, le infezioni sintomatiche sarebbero ridotte del 94% in coloro che hanno ottenuto entrambe le dosi del vaccino Pfizer. Se comparati invece i dati dei due gruppi in merito alla riduzione della probabilità di contrarre la forma più grave della malattia, il crollo sarebbe pari al 92%.
La ricerca è stata condotta considerando varie fasce d’età, cioè 430mila persone tra i 16 e i 59 anni e 170mila sopra i 60anni. Ran Balicer, presidente del Centro di Ricerca di Clalit di Israele, ha dichiarato che, anche grazie alla collaborazione dell’università di Harvard,
«è stato dimostrato in modo inequivocabile che la vaccinazione contro il Covid-19 effettuata con il vaccino Pfizer è più efficace a partire dal settimo giorno successivo alla somministrazione della seconda dose, esattamente come dimostrato nei test clinici».
Gli studi attualmente in corso sembrerebbero inoltre dimostrare una efficacia ancora maggiore nella prevenzione della forma più severa della malattia a partire dal 14esimo giorno dal completamento della vaccinazione. Isreale ha per ora vaccinato con prima e seconda dose 2,53milioni di persone, cioè il 29.29% della popolazione. Si tratta del primo Paese al mondo per numero di vaccinazioni completate in rapporto alla popolazione totale.
La percentuale di persone ultrasessantenni che hanno ricevuto entrambi le dosi vaccino im Israele è quattro volte superiore a quella degli under 60. Una decisione, quella di vaccinare per prime le categorie potenzialmente più fragili, che si riflette anche sull’attuale composizione delle ospedalizzazioni. Come si può vedere nel grafico qui sotto, dal 3 febbraio 2021 (la campagna vaccinale è iniziata il 19 dicembre) il numero di persone di età tra 0 e 59 ricoverate è superiore a quello degli ultrasessantenni.
Un articolo pubblicato da The Jerusalem Post spiega che il numero di casi tra i giovani è in aumento. Durante la settimana 7-14 febbraio il 40% dei casi più gravi sarebbe stato composto proprio dalla fascia di età 0-59 anni, di cui gli under 40 avrebbero rappresentato circa il 75% delle diagnosi. Gli over 60 avrebbero invece rappresentato solo il 7% del totale.
Nel Paese la cosiddetta “variante inglese” rappresenta ormai il ceppo dominante, secondo alcuni studi condotti nel Regno Unito non solo più contagioso, ma in grado di aumentare anche la letalità dal 30% al 70% rispetto al virus originario.