Isolare gli anziani potrebbe ridurre la mortalità del COVID-19? Lo studio dell’ISPI
Isolare gli anziani e le categorie più a rischio di decesso a causa del COVID-19 non è un’ipotesi che l’ISPI si sente di escludere.
Isolare gli anziani e le categorie più a rischio COVID-19 potrebbe rappresentare una soluzione per ridurre il carico sul sistema sanitario e scongiurare quindi un secondo lockdown che sarebbe disastroso per l’Italia? A porsi questa domanda è stato l’Istituto per gli studi di politica internazionale (ISPI).
L’ISPI parte da un dato di fatto: l’Istituto Superiore di Sanità conferma che l’età media dei pazienti deceduti e positivi a SARS- CoV-2 è 80 anni. L’età, insieme alle patologie pregresse, influisce notevolmente sull’andamento negativo dell’infezione nei soggetti colpiti e da qui gli esperti dell’ISPI si sono chiesti: cosa accadrebbe se fosse decretato un lockdown solo per le fasce d’età più a rischio?
Sarebbe sufficiente isolare gli ultra-ottantenni per dimezzare o quasi la mortalità diretta del virus. Se poi riuscissimo a isolare efficacemente gli ultra-sessantenni, la mortalità scenderebbe allo 0,07%, circa dieci volte inferiore, equivalente a 43.000 persone. Di fatto, si tratterebbe di un numero di decessi annui inferiore all’eccesso di mortalità fatto registrare tra marzo e maggio in Italia nel corso della prima ondata.
Isolare gli anziani. Contraccolpo economico meno severo
Se il virus circolasse soltanto nella popolazione più giovane, proprio come accaduto in Italia a ridosso delle vacanze estive, “si scenderebbe da un eccesso di mortalità diretta per Covid-19 di 460.000 persone senza isolamento, a 120.000 (-74%) se si isolassero gli ultra-settantenni e a 43.000 (-91%) se si isolassero gli ultra-sessantenni“.
I vantaggi di un lockdown selettivo, spiega lo studio dell’ISPI, permetterebbe all’Italia di evitare i contraccolpi più severi da un punto di vista economico. Nel 2019 i lavoratori ultra-sessantenni erano 2,3 milioni, gli ultra-settantenni circa 130.000. Imporre un lockdown, ad esempio, per gli ultra-settantenni e permettere per quanto possibile lo smart working per gli stessi, permetterebbe anche al governo di disporre di un numero sensibilmente ridotto di aiuti e sussidi per le persone colpite dalle misure.
Isolare gli anziani. Riduzione della pressione sul SSN
L’ISPI precisa che l’isolamento degli anziani e delle categorie più a rischio non risolverebbe il problema del sovraccarico delle strutture ospedaliere nel caso di alta circolazione virale nella popolazione, ma allevierebbe sensibilmente la pressione:
Isolando in maniera efficace gli ultra-sessantenni, si potrebbe ridurre di quasi i tre quarti la pressione sul Sistema sanitario.
L’ISPI fa un esempio usando i dati della Regione Lombardia:
Con 42 milioni di italiani contagiati, nel caso “status quo” sappiamo che lo 0,25% circa della popolazione avrà bisogno di ricovero in terapia intensiva, mentre il 5% necessiterebbe di un ricovero. Senza isolamento selettivo significherebbe 2,1 milioni di italiani ricoverati, di cui 106.000 in terapia intensiva. […] Uno scenario con 26.000 persone ricoverate in terapia intensiva sarebbe un numero “solo” doppio rispetto a quello fatto registrare nel corso della prima ondata, e non lontano dall’essere sostenibile con i soli posti a disposizione attualmente in Italia nel caso altre misure di contenimento riuscissero a spalmare il contagio lungo buona parte dell’anno solare.
Può essere efficace isolare gli anziani e le categorie a rischio?
Premesso che un lockdown selettivo pone dei problemi morali e logistici apparentemente impossibili da affrontare, lo studio conclude che una misura del genere potrebbe aiutare sul lungo periodo a ridurre il tasso di mortalità e alleggerire il carico sul sistema sanitario nazionale, ma siamo ben lontani dal poter parlare di una soluzione efficace.
L’Istituto per gli studi di politica internazionale, però, si dice convinto che sia “sbagliato ritenere che quella dell’isolamento selettivo sia un’opzione da scartare o da non considerare a priori”:
Se si vuole evitare un nuovo lockdown nazionale oggi, ma soprattutto ulteriori e futuri lockdown in funzione dell’andamento epidemico, è imperativo studiare modalità di “chiusura” differenziate che contemperino la necessità di minimizzare il rischio di morte (e la pressione sul sistema ospedaliero nazionale) e quella di minimizzare l’impatto sull’economia.