L’ambasciatore italiano in Congo è stato ucciso in un agguato
Con Luca Attanasio anche un carabiniere, Vittorio Iacovacci. I due viaggiavano su un convoglio dell’Onu preso d’assalto da una milizia
Luca Attanasio, ambasciatore italiano nella Repubblica Democratica del Congo, è stato ucciso insieme al carabiniere Vittorio Iacovacci in un attacco a un convoglio dell’Onu a Kanyamahoro, nel Congo orientale. La Farnesina ha confermato la notizia, data inizialmente da un portavoce del Parco nazionale di Virunga, secondo il quale l’attacco era mirato al rapimento del personale delle Nazioni Unite. Il movente però deve ancora essere confermato. L’ambasciatore aveva 3 figlie.
Il diplomatico e il militare della sua scorta sarebbero morti in seguito alle ferite causate dai colpi d’arma da fuoco sparati dagli attentatori. Quarantatré anni, Attanasio era il capo missione a Kinshasa dal 5 settembre 2017 ed era tra i più giovani ambasciatori italiani. In passato aveva lavorato in Svizzera, Marocco e Nigeria, e nel Paese africano era impegnato in progetti umanitari per aiutare i circa 1200 cittadini italiani residenti in Congo. A ottobre, a Camerota (Salerno) aveva ricevuto il “Premio Nassiriya” per la pace, “per il suo impegno volto alla salvaguardia della pace tra i popoli” e “per aver contribuito alla realizzazione di importanti progetti umanitari distinguendosi per l’altruismo, la dedizione e lo spirito di servizio a sostegno delle persone in difficoltà“. Nel 2019 era stato intervistato dalla trasmissione di La 7 “Propaganda”.
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La situazione politica in Congo
Alla fine della dittatura di Mobutu, durata dal 1965 al 1996, il Congo ha vissuto due guerre tra il 1997 e il 2003 che hanno devastato il Paese. Nel 2001, dopo l’uccisione del presidente Laurent-Désiré Kabila, salì al potere il figlio Joseph, rimasto in carica fino al 2019. Proprio due anni fa, dopo elezioni contestatissime, è diventato presidente Felix Tshisekedi, figlio di un oppositore di Mobutu e dei Kabila morto nel 2017. In realtà, come hanno notato diversi osservatori, Tshisekedi sarebbe stato aiutato dallo stesso Kabila nella vittoria delle elezioni, per togliere il successo al vincitore annunciato Martin Fayulu.
Da anni, poi, l’esercito regolare congolese è coinvolto in lotte contro le milizie armate dislocate in varie aree del Paese. Particolarmente doloroso è stato il Conflitto del Kivu, scoppiato nel 2004 nella zona est del Paese (dove è rimasto ucciso l’ambasciatore Attanasio), tra le Fardc (le forze armate congolesi) e il Cndp, la milizia guidata da Laurent Nkunda: al fianco di Kinshasa si sono schiarate Angola, Zimbawe e le Nazioni Unite, con i ribelli i combattenti tutsi (un’etnia della regione dei Grandi Laghi) e il Ruanda. Un conflitto terribile, segnato da vari cambi di schieramento – alcuni ribelli del Cndp sono passati con le forze governative, così come il Ruanda – e da continui massacri dei civili. Proprio a Goma, città nel cui ospedale è stato portato il corpo dell’ambasciatore italiano, l’esercito congolese si rese responsabile di violenze nei confronti degli abitanti della città e dei villaggi vicini.
Una situazione che va purtroppo avanti ancora oggi. A inizio gennaio le Fardc hanno annunciato di aver ucciso 14 miliziani del gruppo Allied Democratic Forces, un’organizzazione islamista ugandese. Tra loro però ci sono anche miliziani di altre nazioni, dalla Tanzania al Burundi, dal Kenya alla Repubblica Centrafricana, dalla Ruanda allo stesso Congo. Tra i ribelli uccisi in quest’ultimo scontro ci sarebbero anche due arabi bianchi. Pochi giorni prima l’Adf aveva condotto un raid in cui erano morte 24 persone a Tingwe. Per l’Unhcr oltre 2mila civili sono stati uccisi in attacchi del genere solo nel 2020.