Un militare italiano è stato arrestato con l’accusa di spionaggio con la Russia
Un capitano di fregata della Marina è stato fermato dopo aver consegnato dei documenti secretati a un militare russo: rischia fino a 10 anni
Come ai tempi della Guerra Fredda: un alto ufficiale della Marina italiana e un militare russo, di stanza a Roma, sono stati fermati nella capitale con l’accusa di aver commesso reati gravi di spionaggio e minaccia alla sicurezza dello Stato. Al termine di un pedinamento, il capitano di fregata è stato arrestato martedì sera, dai carabinieri del Ros, dopo aver consegnato dei documenti riservati in cambio di denaro, 5mila euro in contanti.
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La Farnesina ha immediatamente convocato l’ambasciatore russo in Italia, Sergej Razov, che sarà ricevuto dal segretario generale del ministero, Elisabetta Belloni. Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha ringraziato l’intelligence italiana “e tutti gli apparati dello Stato che ogni giorno lavorano per la sicurezza” dell’Italia, dopo aver trasmesso all’ambasciatore “la ferma protesta del governo italiano“. Il militare straniero e il suo diretto superiore sono stati espulsi, ma non possono essere arrestati per il loro status da diplomatici. L’italiano rischia una pena superiore ai dieci anni di reclusione. L’indagine è stata condotta dai militari del Ros, dall’intelligence interna e dallo Stato Maggiore della Difesa. Per quanto, al momento, il movente non sia ancora chiaro, si ritiene che l’Ufficiale italiano avrebbe accettato di consegnare i documenti riservati per superare gravi problemi familiari.
Le carte sequestrate nell’appartamento del capitano di fregata mostrerebbero come l’Ufficiale, oltre ai dossier italiani, avrebbe consegnato anche documenti secretati della Nato, mettendo a repentaglio non solo la sicurezza italiana, ma quella di tutti i Paesi del Patto Atlantico.
Trentuno anni fa
Come ricorda Gianluca Di Feo su Repubblica, l’ultima operazione di controspionaggio effettuata sul suolo italiano risale al 1989, prima della caduta del muro di Berlino. Allora, al di là della cortina di ferro, si cercò di reperire i documenti della Oto Melara di La Spezia, società impegnata nella costruzione di cannoni e mezzi corazzati controllata da Finmeccanica, e di un’azienda di Trieste impegnata nella progettazione di sistemi di comunicazione della Nato.
Dei cinque mandati di cattura emessi allora, tra cui due per dei presunti agenti del Kgb e uno dell’intelligence bulgara, quattro non furono portati a termine. Oltre ai tre, scappò a Sofia anche un ex carabiniere, coinvolto nell’operazione, che evitò così le manette.
Sempre su Repubblica si ricorda come il nostro Paese, negli ultimi anni, sia stato una sorta di “porto franco” per le trame internazionali: nel 2016 furono fermati a Roma un dirigente dell’intelligence portoghese e un funzionario russo (rilasciato dopo due mesi), con il primo che avrebbe dovuto vendergli dei piani d’azione della Nato. Ad agosto 2020 fu invece arrestato in Francia, per i suoi rapporti con la Russia rimasti segreti, un tenente colonnello transalpino in servizio nella base Nato di Napoli.