Salvini si iscrive a Parler, ma il social sovranista chiude
Il leader della Lega, Matteo Salvini, si era da poco iscritto al social network dei “trumpiani” chiuso dopo l’assalto al Congresso
Matteo Salvini raggiunge Alberto Bagnai e Daniele Capezzone su Parler, ma la piattaforma chiude poche ore dopo. Una beffa per il leader della Lega, la cui presenza sulla piattaforma social sovranista, frequentata dai “trumpiani”, è durata quanto uno schiocco di dita. Parler, infatti, è stato bandito da Google, Apple e Amazon ed ha sostanzialmente cessato di esistere dopo quanto accaduto qualche giorno fa con l’assalto al Congresso USA a Capitol Hill.
Salvini su Parler per poche ore
“Amici, da oggi anche su Parler. Happy to be on Parler, love from Italy”, aveva annunciato allegramente Salvini, che sulla piattaforma della destra aveva raggiunto il collega di partito e senatore Alberto Bagnai, e il giornalista Daniele Capezzone, ex parlamentare. Probabilmente l’ex ministro dell’Interno non si era accorto di cosa stesse succedendo attorno alla piattaforma sovranista, che dopo i fatti di Capitol Hill è finita subito nel mirino dei colossi del Web, che l’hanno ritenuta veicolo di messaggi inneggianti all’odio e alla violenza. Le rispettive app sono sparite dagli store di Apple e Google, ma anche Amazon ha deciso di spegnere i server su cui il social network veniva ospitato. Non avendo trovato entro domenica sera un nuovo servizio di hosting, Parler è sostanzialmente sparito dalla Rete. E con esso il profilo appena creato da Salvini.
Cosa aveva spinto così tante persone ad iscriversi a questo social network alternativo? Parler aveva trovato terreno fertile soprattutto tra i sovranisti proprio perché tramite la sua bacheca virtuale si poteva veicolare qualunque tipo di messaggio senza rischio di censura. A differenza di Twitter (ma anche di Facebook), che ormai da mesi censuravano o comunque etichettavano come “notizie prive di fondamento” quelle diffuse da Trump e i suoi vari staff, su Parler si poteva pubblicare di tutto senza poter essere filtrati. È evidente, insomma, che attraverso questo social network sovranista siano state veicolate tante fake news, soprattutto negli ultimi tempi, esacerbando ulteriormente gli animi già surriscaldati dalla sconfitta di Trump alle presidenziali USA del 3 novembre. Se Salvini cercava un posto attraverso il quale spingere su determinate tematiche diffondendo notizie a dir poco di dubbia veridicità e senza essere fermato, probabilmente aveva trovato il canale giusto, ma per ora dovrà rivolgere le sue attenzioni altrove.