Slitta il nuovo DPCM? Draghi costretto a mediare tra rigoristi e aperturisti
Il tanto atteso nuovo DPCM rischia di slittare di qualche giorno. Draghi deve mediare tra la posizione della Lega e quella di Speranza.
Nuovo governo, nuovi DPCM e stessi problemi. I sostenitori a spada tratta di Mario Draghi si staranno già rendendo conto che le difficoltà del governo di Giuseppe Conte nella gestione della pandemia non erano legate all’incompetenza di chi era al potere, ma all’andamento imprevedibile e veloce della stessa pandemia. E così, dopo aver sposato la linea del dare ai cittadini largo anticipo di fronte all’introduzione di nuove restrizioni, pure il nuovo esecutivo si trova con l’acqua alla gola.
Il nuovo DPCM non arriverà così presto. Le voci che si sono rincorse in questi ultimi giorni volevano un nuovo testo in arrivo il prima possibile per evitare un nuovo fine settimana di grandi libertà per le Regioni che si trovano in zona gialla e che vi resteranno dopo il monitoraggio della cabina di regia che sarà diffuso venerdì. Così, però, non sarà.
Oggi, dopo il vertice a Palazzo Chigi con la cabina di regia si è deciso di rinviare ogni decisione al Consiglio dei Ministri di venerdì. Uno slittamento finalizzato non soltanto a rimandare una decisione difficile da prendere, ma anche basato sull’arrivo dei nuovi dati sull’andamento della pandemia in Italia. Sulla base di quei dati, più aggiornati di quelli a disposizione oggi, l’esecutivo potrà prendere una decisione e fissare le misure che saranno introdotte in tutto il Paese.
Le due fazioni all’interno dell’esecutivo fanno slittare la nuova stretta
Se Conte è stato costretto per mesi a fare da mediatore tra le posizioni più rigoriste all’interno dell’esecutivo e le pressioni dell’opposizione che ha sottovalutato in modo plateale la gravità della pandemia, Draghi si trova nella stessa situazione, se non peggiore: i due fronti li ha in casa.
Da un lato c’è il Ministro Speranza che preme affinché le chiusure siano immediate e meno prolungate nel tempo, dall’altro c’è la Lega di Matteo Salvini che spinge invece affinché si lasci tutto così e si potenzino invece i controlli in tutto il territorio, operazione pressoché impossibile col personale che si ha a disposizione, come abbiamo visto dall’inizio della pandemia ad oggi.
DPCM all’ultimo minuto? La storia rischia di ripetersi
Se la motivazione di questo slittamento è legato all’arrivo dei nuovi dati, non c’è bisogno di una sfera di cristallo per vedere che la situazione è in rapido peggioramento. Lo certificano i dati delle ultime settimane e i numerosi appelli che arrivano dai medici impegnati in prima linea e dagli esperti del CTS che hanno espresso in modo chiaro quello di cui l’Italia avrebbe bisogno ora per fermare la corsa del virus.
Prendere tempo – e, anche a rischio di ripeterci, di seguire il modus operandi dell’esecutivo precedente – servirà soltanto a mediare tra la posizione dei rigoristi e quella degli aperturisti e a far perdere del tempo prezioso. Di fronte a questo slittamento ci sono due strade che il governo Draghi potrà seguire: firmare il nuovo testo durante la giornata di venerdì con un’entrata in vigore già delle prime ore di sabato – e quindi dando ai cittadini poche ore di anticipo, un comportamento ampiamente criticato dalle opposizioni del precedente esecutivo – o prevedere un’entrata in vigore da lunedì prossimo, dando così il giusto preavviso ai cittadini ma perdendo un fine settimana di “libertà” per le zone gialle che rischia di far correre il virus e portare ad una chiusura più lunga dalla settimana successiva.
Stando alle ultime indiscrezioni, il premier Draghi sarebbe orientato alla prima opzione, ben consapevole di quanto la situazione sia in grave e rapido peggioramento, ma la mediazione a cui sarà costretto il nuovo premier era già stata messa in conto in fase di formazione del nuovo esecutivo, con forze totalmente opposte chiamate a collaborare.