Vaccino di AstraZeneca. Cosa significa davvero che i benefici superano i rischi
Cosa significa che i benefici del vaccino anti-COVID di AstraZeneca superano i rischi? Ecco i dati diffusi dall’EMA per fasce d’età e tasso di incidenza.
“I benefici superano i rischi” è una frase che abbiamo sentito ripetere per settimane in relazione al vaccino contro il COVID-19 messo a punto da AstraZeneca. È la conclusione a cui era giunta l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) dopo il primo stop al vaccino Vaxzevria legato a rari casi di trombosi ed è la stessa conclusione a cui la stessa agenzia europea è arrivata dopo aver analizzato la mole di dati raccolti dopo quella sospensione temporanea.
Dopo la seconda decisione dell’EMA, però, l’AIFA ha deciso di raccomandare l’uso del vaccino di AstraZeneca sui cittadini con più di 60 anni e in queste ore sta prendendo corpo l’ipotesi, almeno in Italia, di abbassare l’età e riprendere la somministrazione del siero Vaxzevria anche agli over 50. Di fronte a queste direttive contrastanti arrivate nel corso di poche settimane, la fiducia dei cittadini nei confronti del vaccino di AstraZeneca non è mai stata recuperata.
Perché in un primo momento il vaccino era consigliato agli under 60, poi soltanto agli over 60 e adesso si sta pensando di somministrarlo anche alle fasce d’età più basse? La risposta più semplice è sempre la stessa, “i benefici superano i rischi“, ma a supporto di quella che è la realtà dei fatti l’EMA ha diffuso un’approfondita analisi che dovrebbe chiarire gli ultimi dubbi dei cittadini.
Cosa dice il rapporto dell’EMA sul vaccino AstraZeneca
Il rapporto dell’EMA prende in considerazione tre diversi scenari legati all’incidenza dei casi:
- Basso tasso di infezione: 55 casi ogni 100mila persone
- Medio tasso di infezione: 401 casi ogni 100mila persone
- Alto tasso di infezione: 886 casi ogni 100mila persone
Partendo dal numero di casi di coaguli di sangue con livelli di piastrine basse dopo la prima dose del vaccino di AstraZeneca in una popolazione di 100mila abitanti gli esperti europei hanno fatto un confronto coi tre principali benefici del vaccino: riduzione dei casi di ospedalizzazione, riduzione degli ingressi in terapia intensiva e riduzione dei decessi legati al COVID-19.
Alto tasso di infezione: rischi e benefici del vaccino di AstraZeneca
In uno scenario con un alto tasso di infezione da COVID-19, 886 casi ogni 100mila persone, i benefici del vaccino di AstraZeneca sono più evidenti. Partendo da un’efficacia del vaccino dell’80% in un periodo di quattro mesi, gli esperti dell’EMA hanno stimato che anche una sola dose del vaccino è in grado di prevenire 64 ospedalizzazioni nella fascia 20-29 anni ogni 100mila persone, numeri che salgono man mano che si sale con l’età:
- 81 ospedalizzazioni evitate nella fascia d’età 30-39 anni ogni 100mila persone
- 122 ospedalizzazioni evitate nella fascia d’età 40-49 anni ogni 100mila persone
- 208 ospedalizzazioni evitate nella fascia d’età 50-59 anni ogni 100mila persone
- 324 ospedalizzazioni evitate nella fascia d’età 60-69 anni ogni 100mila persone
- 547 ospedalizzazioni evitate nella fascia d’età 70-79 anni ogni 100mila persone
- 1239 ospedalizzazioni evitate tra gli over 80 ogni 100mila persone
Ai benefici del vaccino sulle ospedalizzazioni si affiancano i rischi. E anche qui l’età è un fattore rilevante. I dati raccolti fino a questo punto ci dicono che il rischio di coaguli di sangue con livelli di piastrine basse è così diviso in base all’età (sempre dopo la prima dose del vaccino di AstraZeneca):
- 1,9 casi ogni 100mila abitanti nella fascia d’età 20-29
- 1,8 casi ogni 100mila abitanti nella fascia d’età 30-39
- 2,1 casi ogni 100mila abitanti nella fascia d’età 40-49
- 1,1 casi ogni 100mila abitanti nella fascia d’età 50-59
- 1 caso ogni 100mila abitanti nella fascia d’età 60-69
- 0,5 casi ogni 100mila abitanti nella fascia d’età 70-79
- 0,4 casi ogni 100mila abitanti negli over 80
I grafici inclusi nel lungo rapporto dell’EMA rende tutto più chiaro:
Il rischio di trombosi resta invariato in ogni scenario (non è influenzato dal tasso di infezione), ma a cambiare in base al tasso di infezione sono i benefici del vaccino. In uno scenario con alto tasso di infezione, il vaccino è in grado di evitare:
- 6 ricoveri in terapia intensiva nella fascia d’età 20-29 anni ogni 100mila persone
- 8 ricoveri in terapia intensiva nella fascia d’età 30-39 anni ogni 100mila persone
- 15 ricoveri in terapia intensiva nella fascia d’età 40-49 anni ogni 100mila persone
- 28 ricoveri in terapia intensiva nella fascia d’età 50-59 anni ogni 100mila persone
- 50 ricoveri in terapia intensiva nella fascia d’età 60-69 anni ogni 100mila persone
- 78 ricoveri in terapia intensiva nella fascia d’età 70-79 anni ogni 100mila persone
- 110 ricoveri in terapia intensiva tra gli over 80 ogni 100mila persone
Allo stesso modo una sola dose del siero Vaxzevria può evitare 45 decessi ogni 100mila persone nella fascia 40-49 anni, 172 decessi tra 70-79 anni e 733 decessi tra gli over 80. La frase “i benefici superano i rischi” è così ben spiegata: a fronte di un caso di coaguli di sangue con livelli di piastrine basse nella fascia 60-69 anni, ad esempio, corrispondono 324 ospedalizzazioni evitate, 50 ricoveri in terapia evitati e 49 decessi evitati nella stessa fascia d’età.
È bene sottolineare che i coaguli di sangue con livelli di piastrine basse non portano necessariamente a gravi conseguenze, soprattutto ora che l’allarme è noto e che i sintomi vengono riconosciuti con tempestività.
I benefici e rischi del vaccino di AstraZeneca nelle varie fasce d’età
Il rapporto dell’EMA chiarisce i benefici del vaccino di AstraZeneca aumentano con l’età, mentre i rischi di coaguli di sangue sono maggiori nelle fasce d’età più basse. Un buon compromesso tra rischi e benefici è rappresentato dalla fascia d’età 50-59 in su ed è per questo motivo che le autorità sanitarie italiane sono pronte ad abbassare l’età per la raccomandazione del siero di AstraZeneca.
I benefici del vaccino scendono a fronte di un tasso di infezione più basso dal momento che meno positivi significa meno ricoveri, meno terapie intensive e meno decessi. A fronte di un’incidenza di 55 casi ogni 100mila persone il vaccino è in grado di evitare 4 ricoveri nella fascia 20-29 anni, mentre il rischio di coaguli resta di 1,9 casi per lo stesso numero di persone.
Questo significa che, restando nello scenario di una bassa incidenza dei casi, nella fascia 40-49 anni il vaccino può prevenire 10 ricoveri a fronte di 2,1 casi di coaguli.