Vaccino di Johnson & Johnson. L’EMA trova un possibile legame coi rari casi di trombosi, ma non consiglia limitazioni
L’EMA trova un legame tra il siero di Johnson & Johnson e rari casi di trombosi, ma non fornisce indicazioni sui limiti di utilizzo.
L’Agenzia Europea per i medicinali ha concluso oggi che può esistere un legame tra il vaccino anti-COVID di Johnson & Johnson e rari casi di trombosi che sono stati segnalati negli Stati Uniti, dove per alcuni giorni si è somministrato il siero Janssen prima di uno stop temporaneo legato proprio a dei casi di trombosi che, come avvenuto col vaccino di AstraZeneca, hanno richiesto degli approfondimenti da parte degli esperti.
Il responso dell’EMA è lo stesso che l’ente europeo ha dato sul vaccino di AstraZeneca, basato su adenovirus proprio come il vaccino Janssen. Il comitato di sicurezza dell’EMA, il PRAC, ha concluso che “la combinazione di coaguli di sangue e piastrine basse potrebbe essere collegata alla risposa immunitaria dell’organismo che porta a una condizione simile a quella osservata a volte nei pazienti trattati con eparina (trombocitopenia indotta da eparina)“.
Quello che sappiamo, o meglio quello che dicono gli esperti dell’Agenzia Europea per i medicinali, è che tutti i rari casi segnalati si sono verificati in persone al di sotto dei 60 anni ed entro tre settimane dalla ricezione della dose. Sulla base delle prove attualmente disponibili, i fattori di rischio specifici non sono stati confermati.
La raccomandazione dell’EMA per il vaccino anti-COVID di Johnson & Johnson non varia rispetto a quella data per il siero di AstraZeneca: i rari casi di trombosi dovranno essere indicati come rari effetti collaterali del vaccino, ma dall’ente europeo non arriveranno indicazioni su eventuali limiti all’uso del siero. I benefici, spiegano dall’EMA, superano i rischi e per questo anche il siero di Johnson & Johnson rappresenta una valida arma contro la pandemia da COVID.
Se dall’EMA non arrivano raccomandazioni, è lecito immaginare che l’Italia e il resto dei Paesi Europei decidano, come accaduto con AstraZeneca, di raccomandare l’uso del siero sui cittadini al di sopra dei 60 anni.
Come cambierà la campagna di vaccinazione italiana grazie a J&J
L’Italia è già pronta per dare il via libera alle somministrazioni del vaccino di Johnson & Johnson in tempi rapidi. Da giorni 184mila dosi del siero sono in standby a Pratica di Mare in attesa della decisione dell’EMA e già da domani saranno distribuite alle varie Regioni secondo la suddivisione già prevista per gli altri vaccini. Le prime somministrazioni partiranno subito dopo, non appena l’AIFA e le autorità sanitarie italiane decideranno le fasce d’età a cui sarà riservato il siero.
Quanto è efficace il siero di Johnson & Johnson
La sperimentazione clinica ha coinvolto un totale di circa 44.000 persone tra gli Stati Uniti, il Sudafrica e diversi Paesi dell’America Latina. Metà dei partecipanti alla fase 2 ha ricevuto il vaccino, mentre l’altra metà ha ricevuto un’iniezione fittizia. Ai soggetti non è stato comunicato se avevano ricevuto il vaccino o un’iniezione fittizia.
L’efficacia è stata calcolata su circa 19.630 persone dai 18 ai 100 anni, che non presentavano segni di precedente infezione. Lo studio ha mostrato che il numero dei casi sintomatici di COVID-19 a due settimane dalla somministrazione del vaccino si è ridotto del 67% rispetto al gruppo di 19.691 persone che aveva ricevuto l’iniezione fittizia.
Nello specifico i casi sintomatici sono stati 116 nel gruppo che ha ricevuto il vaccino (107 tra i 18 e i 64 anni, 9 casi tra i 65 e i 75 anni e nessun caso tra gli over 75) e 348 nell’altro gruppo (297 tra i 18 e i 64 anni, 51 casi tra i 65 e i 75 anni e 8 casi tra gli over 75.
Tra chi ha contratto l’infezione dopo la somministrazione del vaccino di Janssen i casi con sintomi gravi sono stati 14, mentre nel gruppo placebo sono stati registrati 60 casi di infezioni con sintomi gravi.
L’efficacia al 67% è il risultato della media tra i risultati ottenuti dai tre Paesi in cui è stata condotta la fase 3. Negli Stati Uniti la percentuale è salita al 74,4% dopo 14 giorni dalla somministrazione, mentre in Sudafrica la media è stata del 52%. L’efficacia è salita sensibilmente contro i sintomi gravi dell’infezione: 85,9% negli Stati Uniti a 28 giorni dalla vaccinazione, 87,6% in Brasile e 81,7% in Sudafrica.